RECENSIONE A” NEBBIA”
DI MIGUEL DE UNAMUNO
1) Prima di tutto chiariamo anche se in modo volgare e banale il reale valore dell’opera ad uso e consumo di chi vuol divertirsi per il puro gusto di leggere. Ci sono opere come “La montagna incantata” di Thomas Mann (che considero in assoluto uno dei libri più belli che mai siano stati scritti) o quasi tutte quelle di Dostoevskij che meritano un voto assoluto: 10 e lode. Ebbene non aspettatevi lo stesso da Nebbia: voto 7+. E’ comunque un voto molto alto e il libro merita di essere letto, molto piacevolmente e proficuamente; ma non aspettatevi chissà quale vera profondità, anche se la fa intravedere, la promette ma non la mantiene. Attenzione non è un libro mancato, è però un libro con molte contraddizioni sia stilistiche che in relazione alla trama. Per esempio è anche un libro di filosofia o di ispirazione religiosa; le sue tesi (alcune straordinarie) sono solo accennate, non sono approfondite ne a un livello teoretico ne rappresentativo estetico. Tuttavia è stato anche un libro rivoluzionario sperimentale ( anche se oggi si è perso nel tempo il significato di tutto ciò) visto che scritto nel 1914 anticipa di 7 anni (1921) i “sei personaggi in cerca di autore” di Pirandello: infatti negli ultimi capitoli fa intervenire in prima persona l’autore in un dialogo concitato e drammatico con il protagonista. Per cui se dovessimo dare a Cesare quel che è di Cesare forse è stato proprio l’autore spagnolo che ha dato il primo imput a quello siciliano.
2) In breve la trama, anche per non anticipare troppo disperdendo la suspense. E’ la storia di un uomo assurdo (poi si scoprirà semplicemente inventato dallo scrittore) che vive come un eterno adolescente senza veri valori, vere coordinate, con scarse capacità decisionali, uno che mette persino in dubbio la propria personalità ed esistenza, direttamente alle prese con tre enormiproblemi della vita:prima di tutto l’amore (con tutte le sfumature e follie sia maschili che femminili) poi la libertà e infine la morte (e il suicidio). Sullo sfondo agiscono indirettamente ma potentemente tematiche trascendentali come il nichilismo delle forme e della vita, la sua assurdità costitutiva, la vita stessa come sogno e dentro a questo sogno il ruolo dell’uomo e persino dello stesso DIO.
3) Sembrerebbe che il titolo in realtà derivi molto banalmente e prosaicamente da novella; ma se fosse così si rischierebbe di perdere la sua vera profondità dialettica. Questa si gioca in relazione a tre termini: nuvola-nebbia- sogno.
La nuvola: sembra qualcosa di aulico e di sublime, qualcosa che sta molto in alto. Ecco l’aristocraticismo altezzoso, ridondante e un po ridicolo degli spagnoli. Anche l’uomo ha questa illusione che gli deriva dalla sua onnipotenza infantile (altro tema presente in quasi tutti i personaggi). In realtà l’uomo come la nuvola non ha nessuna consistenza: muta rapidissimamente, si trasforma, finisce la sua breve esistenza nel nulla. Si potrebbe dire, anticipando la nebbia, puro vapore acqueo. Quindi la nuvola non è lo spazio magico (ridicolizzato) dei filosofi, non è il pensatoio ma il mistero del nichilismo cangiante visto in modo ironico e pieno di compassione; come la nuvola non ha mai la stessa forma così noi non siamo mai veramente noi stessi, e infatti a volte mettiamo in dubbio e in crisi la nostra stessa esistenza, dimenticando che noi siamo questa crisi permanente.
La nebbia: la nuvola la vediamo così se la osserviamo a distanza dal basso verso l’alto: ma in realtà noi essendo della stessa consistenza della nuvola siamo già nella nuvola: siamo dentro e quindi vaghiamo a vista drammaticamente nella nebbia. Quando la nuvola cala, allora nella nebbia prevale la confusione delle forme con tutti gli esiti paradossali.
A questo punto più che Unamuno dovremmo citare Pirandello. La nostra vita sociale e comunicativa dentro alla nebbia consiste nel vedere tutto sfumato, facilmente confuso se non travisato del tutto. La verità consiste nel fatto che capiamo poco (o nulla) di noi stessi e ancor meno degli altri. In Pirandello è il tema della maschera, quella che ci mettiamo da noi per difenderci, e quella che ci mettono gli altri: nessuna è vera. In tutti i casi noi scarichiamo e proiettiamo sulla maschera degli altri la doppia ignoranza di noi e di loro stessi. A questo punto però la nebbia diventa un labirinto nel senso che facciamo un percorso in uno spazio misterioso e indifferenziato dagli esiti imprevedibili. Ma è anche come un sogno nel senso che scopriamo come la nostra stessa esperienza in realtà non obbedisce a criteri oggettivi: è frutto, come in un sogno, di una estrema soggettivazione; ma è come la nuvola nel senso che non sappiamo da dove deriva e dove va (prigionieri di un movimento e cangiamento misterioso); peggio è come la nebbia in quanto abbiamo a che fare con una produttività mentale fantasmatica che pure decide il nostro destino. Tuttavia mentre la nuvola e la nebbia (come noi) esistono illusoriamente al limite del nulla, il sogno rappresentando comunque una trama, sembrerebbe esigere l’autore di questa fatale macchinazione.
– Il sogno: dire che siamo della materia dei sogni sembra l’equivalente della materia delle nuvole. In realtà siamo nella nebbia anche dentro noi stessi e più che mai. Tuttavia il sogno, come anche un testo, ha una sua trama ben precisa che sembra condizionare e determinare la indefinita vivacità creativa delle nuvole e la opacità della nebbia. Anche uno scrittore , persino Dio, quando elabora un carattere o un evento deve in qualche modo obbedire alla sua logica interiore: non può cambiare continuamente a piacimento i termini in tavola per non coprirsi di ridicolo. Quindi se è vero che il sogno e i sognanti cercano l’autore di se stessi, questo ultimo deve esprimere loro una certa fedeltà. A questo punto vien quasi da dire che anche Dio dorme dentro al suo stesso sogno.
Qui emerge una grande verità paradossale e caricaturale dello scrittore e persino di Dio.
Lo scrittore si illude nella sua creatività di essere il signore e padrone della trama e dei caratteri; in realtà una volta che li ha delineati ne resta in un qualche modo condizionato programmaticamente. Nello stesso tempo e all’opposto, se si lascia trascinare dalla libertà della trama non sa nemmeno lui dove andrà a parare: lo scoprirà solo alla fine. Esistono solo 6 risposte a questo terribile enigma:
– l’inconscio secondo Freud
– la società anonima secondo Pirandello (l’inconscio collettivo secondo Jung)
– il caso o la necessità della materia secondo le diverse interpretazioni della scienza
– secondo Unamuno è dio; un Dio che come Berkeley produce e immette i sogni nella mente umana; ma attenzione è un Dio che è esso stesso sogno e che in qualche modo gli obbedisce dopo averlo creato. E’ evidentemente una soluzione caricaturale e paradossale che sgrava il Sognatore Divino, ma anche il sognante umano, di ogni responsabilità circa la formazione e gestione del male. Non dimentichiamo infine che il sogno è un modo assurdo di presentare contenuti e destini assurdi; ma questo fa il grande commediografo del mondo…
Conclusione: dunque siamo tutti enti di finzione; ma quando questa finzione diventa un sogno collettivo questa è la realtà. Questa meravigliosa e straordinaria affermazione sembrerebbe indicarci che viviamo strutturalmente avvolti nel mito e per il mito; ma lungi dall’esprimere una critica illuminista alla terribilità della condizione umana, la esalta e indica la salvezza proprio nel mito cristiano. Ora tutti gli elementi già enunciati, pur essendo drammatici in realtà svengono sgravati del loro peso perché vengono sempre trattati con una travolgente compassione giocosa e ironica la quale, se ci fa restare sempre piacevolmente attaccati al racconto, nello stesso tempo ci strappa un sorriso pieno di stupore e profondità. Ecco perché abbiamo detto all’inizio che ci sono molte contraddizioni nello stile (tragedia e ironicità giocosa si elidono appunto nella nebbia…) e la trama alla fine è troppo semplice e stralunata nello stesso tempo: soprattutto alla fine quando il protagonista del racconto rintraccia l’autore del testo e lo attacca rimproverandolo duramente.
Infine questo racconto, come già detto, dovrebbe essere una specie di apologia strisciante e latente del cristianesimo, ma spesso troviamo passi in apparente contrapposizione col suo messaggio (un cristianesimo sui generis eretico?):
– quando dice che il protagonista innamorato dopo aver goduto la prima donna, gli è piaciuto così tanto che vorrebbe innamorarsi e godere con tutte; ma questo non è il marito sacramentato bensì il don Giovanni pagano.
– quando dice che tutte le donne in fondo sono uguali: non è certo una lettura biblica
– infine quando l’unico vero saggio in questa gabbia di matti nuvoleschi è proprio un cane. Infatti è appunto perché la mente e il linguaggio mentono sempre, che da li esce la cortina fumogena e la caligine della nebbia. Il cane per sua fortuna non ce l’ha e quindi conosce solo verità e fedeltà in una realtà molto semplice e concreta: una realtà non allucinata, travisata e poliforma come quellaumana. Ecco perché si accontenta di dormire nel suo sogno fine a se stesso, non cerca e non vuol rimproverare nessuno.