Razionale e irrazionale

RAZIONALE E IRRAZIONALE

LE DUE POLARITA’

La discussione tra razionale e irrazionale non solo è destinata a restare aperta in senso storico e sociale (ogni epoca ha avuto la sua concezione anche molto diversa e contrastante) ma per la sua caratteristica, logicamente e strutturalmente assai controversa e problematica. Se noi dovessimo fare semplicemente la partita doppia mettendo su due colonne i pregi e i difetti di entrambi , forse avremmo fatto un bel compitino, ma non avremmo tirato fuori un ragno dal buco. Peggio ancora se avessimo messo l’irrazionale direttamente sulla lavagna dalla parte dei cattivi. E’ vero che i cattivi sono comunque alla fin fine sempre irrazionali; ma i cattivi razionali sono forse i peggiori di tutti. Se noi per razionale intendiamo l‘autocontrollo emotivo assoluto, scopriremo che oltre ad essere molto improbabile è anche decisamente nocivo: in tutti i casi non è certo questo il modello da proporre alla società e alle masse. Questa autodisciplina assoluta, che forse potrebbe essere valida in certi momenti della storia e della vita, appunto terribili, finirebbe per compromettere o addirittura distruggere la nostra personalità, la quale ha potentemente bisogno dello sfogo e della fluidità delle emozioni. La stessa cosa appare sul piano logico, nel senso che anche qui i nessi causali, al posto dei comportamenti, sono consequenziali, cioè “controllati” in modo assoluto; ma anche qui rischieremo di fare subito un grande fraintendimento. La razionalità teorica assoluta, intesa come logicità perfetta di tutti i nessi formali ( poi specularmente concretizzati in una realizzazione tecnica), può ugualmente partorire mostri alla fine del tutto irrazionali. La razionalità non consiste da sola in una procedura teorica formalmente perfetta e nella sua realizzazione tecnica altrettanto esente da imperfezioni, ma nel contenuto effettivo che poi viene realizzato: questo a sua volta dipende dalla finalità e dalla eticità complessive del suo progetto. Quest’ultimo non può più prescindere, come ha sempre fatto finora la scienza di stampo positivista (che in realtà apparentemente non può morire, perché si porterebbe nella tomba l’intero sistema capitalista) dal contesto naturale e sociale. Così facendo si attuerebbe finalmenteuna sorta di mutazione genetica della scienza, l’unica in grado di redimere se stessa e forse tentare di salvare il mondo dopo averlo distrutto. Il punto fondamentale si realizza introducendo finalmente la categoria della totalità organica e di controllo sociale della produzione della tecnica e della gestione del territorio. La produzione del profitto, per quanto importante diventa secondario (meglio un asino povero ma vivo) senza di che, quella presunta razionalità resterà la trappola mortale in cui siamo già tragicamente invischiati.

La stessa produzione della bomba atomica, in tutti i passaggi della sua formulazione teorica-matematica, nella sua costruzione tecnica, è stata assolutamente razionale; ma poi nel risultato finale, comunque perfettamente conseguente con tali nessi, si è rivelata equiparata al male assoluto: si è rovesciata completamente nella forma e nel contenuto realizzando il trionfo della irrazionalità. La colomba (pseudo) razionale che volava in alto in alto, ai messimi livelli della intelligenza umana, apparentemente neutra e innocente, è poi sprofondata nel fango diventando un mostruoso serpente divoratore di carne umana bruciacchiata.

Il fatto è che razionale e irrazionale si compenetrano a vicenda in un gioco di identità e differenza inestricabili. Nel momento in cui sembrano respingersi ecco che si richiamano, prima si sposano e un attimo dopo divorziano drammaticamente. Questo accade perché tutti i nostri pensieri e tute le nostre azioni sono impregnate di emotività ideologica, perché anche quando facciamo autocoscienza (che sembrerebbe finalmente purificarci da questo “imbarazzo”) ci illudiamo di essere dentro a una vera consapevolezza. Anche questa in realtà dipende sia dell‘inconscio (quali sono i suoi veri presupposti e dove va realmente?) sia del fatto che non essendo mai perfetta è sempre intrisa di errori e di illusioni che, se assolutizzate come la vera razionalità, quando non lo sono, possono diventare molto ma molto pericolose. Ecco perché Platone disse che sono immersi nella doxa ( cioè nella falsità assoluta) tutti coloro che vivono e producono solo pensiero immediato. Fermo restando che anche il pensiero mediato, il pensiero critico, si avvicina solo alla realtà, ma non la risolve come voleva lui nel cielo delle verità dipinte iperuraniche. Budda prendendo atto di questo, intraprese la grande fuga e il grande rifiuto verso il vuoto pneumatico della coscienza svuotata. Noi restiamo fedeli alla parte più positiva del mito della caverna, continuando a dare cocciutamente alla filosofia un ruolo salvifico e fattivo. Continuiamo a sperare che la emotività ideologica non spenga del tutto la fiammella della razionalità, anzi che questa si accenda sempre di più, illumini e riscaldi sempre di più, come valida terapia ai guasti che la emotività mitica spande nel mondo altrimenti imperterrita e indisturbata. Non importa se questo è solo fare testimonianza come il grillo parlante in attesa della fatidica martellata. Se si può fare solo questo, lo faremo.

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LA STRANA COPPIA

La situazione così drammatica di questa strana coppia non dipende solo dalla loro essenza concettuale molto eraclitea ( ossia di opposti non solo compenetrati, ma obbedienti a una logica di esclusione-inclusione) ma anche dalla loro dinamica processuale concreta, ossia da come gli uomini realmente la esperimentano e vivono. Pertanto il sogno sarebbe di trovare la giusta ricetta e misura tra i due: gli antichi avrebbero detto, non essere mai ne troppo razionali ne troppo irrazionali. Ma questa è una semplice indicazione di buon senso che non ha nessun valore né scientifico né filosofico. Senza contare che per davvero questi concetti portati agli estremi invece di separarsi del tutto, si identificano come nel caso più sconvolgente degli opposti estremismi. L’irrazionale portato all’estremo effettivamente si conferma tale nel peggiore dei modi e finisce per identificarsi col male assoluto: stiamo parlando di quella che Dante avrebbe definito matta bestialitate, oppure a forme di perversione violenta e feroce, come nei massacri di massa o nel caso delle peggiori torture. Eppure anche la razionalità pura, portata all’estremo se intesa come formale, strumentale, unilaterale, risulta drammaticamente incapace di un rapporto corretto con la totalità sociale e naturale. Cerchiamo di chiarire :

– è formale perché persegue esclusivamente il proprio linguaggio pseudo scientifico tecnico e matematico; è come se narcisisticamente guardasse solo a se stessa. La matematica che parla solo a se stessa è la più bella ma anche la più pericolosa del reame. Quella cosa che contamina il mondo più di tutto (la quantificazione misurazione, apparentemente neutra) si presenta a prima vista incontaminata.

– è strumentale perché le interessa solo costruire uno strumento onnipotente al di sopra di tutto, senza interessarsi del contesto sociale e naturale

– è unilaterale perché mette in moto una serie di cause-effetto in grado di sopraffare quelle esistenti, esaltando la propria volontà di potenza, cancellando e distruggendo l’armonia precedente consolidata.

A questo livello, come già detto, non si conferma affatto come una forma positiva completa e assoluta, ma si rovescia nel suo contrario, coincidendo anche lei col la stessa irrazionalità portata all’ennesima potenza. Un esempio ce lo da la matematica che sembra un linguaggio assolutamente e perfettamente razionale, ma lo è solo da un punto di vista formale. Assolutizzata e fraintesa nella sua unilateralità analitica e quantificante, che deve tutto il suo potere alla misurazione esatta di parti separate, ( l’essenza del vecchio e sempre eterno positivismo), ha finito per aderire perfettamente al progetto capitalista di sfruttamento e smembramento utilitaristico della natura con i ben noti esiti nefasti. Ma non è solo questo il punto: l’essere umano è fatto soprattutto di emozioni, di illusioni, di falsità vissute del tutto inconsapevolmente (altrimenti forse le cambierebbe).

EMOZIONI E RAZIONALITA’

Certo le emozioni possono essere positive e l’uomo non può assolutamente vivere senza di esse, ne ha bisogno come l’aria che respira. Eppure anche queste hanno un contenuto fortemente irrazionale, non solo perché sono per lo più inconsapevoli, ma perché non è bene che siano troppo represse e controllate da una presunta razionalità eccessiva, alla stregua di un super io algido e moralista. La vera razionalità deve riconoscere e convivere con una dimensione emozionale profonda che non si risolve ne in formule matematiche ne in sillogismi concettuali. Servirebbe allora un tipo di intelligenza che sappia riconoscere e interpretare le emozioni, e soprattutto dare libero sfogo a quelle considerate positive e cercare di disinnescare quelle negative: la intelligenza emotiva appunto. Questo però richiederebbe una vera e propria formazione culturale, lunga e problematica, (anche scolastica) che le masse sicuramente non hanno e forse nemmeno i dirigenti. Qualcuno potrebbe dire : soprattutto i dirigenti. Sembrerebbe un lavoro adatto a una pedagogia ingegneristica o al buonismo volontaristica dei boy scout. Sicuramente si da molto importanza al rapporto tra intelligenza ed empatia e questo è un bene: peccato che l’empatia non è una cosa che si impara. Sembrerebbe anche una forma di intellettualismo etico, nel senso che una volta appresa a memoria la lezioncina sei diventato con socratico miracolo, anche una brava persona: invece hai solo mentalizzato la lista della spesa.

IRRAZIONALITA’ E IDEOLOGIA

A questo punto si scopre che l’autoeducazione di una personalità in grado di bonificare e soddisfare le sue emozioni, coincide con la lunga formazione critica, filosofica e psicoanalitica insieme, nel riuscire a rendere inoffensive le mine ideologiche disseminate nel nostro mondo. Senza di questo si salta completamente il problema dello scontro sociale e della gestione del potere. Se questo riesce a metterlo in quel posto col sorriso sulle labbra, magari offrendoti una brioche e dandoti una pacca sulla spalla, non so se sia meglio o peggio… di un vero esplicito calcio nel sedere. C’è il problema non solo della empatia ma della volontà del cambiamento sia interno che esterno: quanto sia drammatico e problematico il primo lo sanno gli psicoanalisti, quanto sia tragico il secondo ce lo insegna la storia. Ma soprattutto si saltano i tre grandi ostacoli (presenti in ogni epoca ma oggi più che mai) che esaltano e aggravano la irrazionalità umana .Vale a dire:

-il conformismo di massa pilotato e imposto da media invasivi e onnipotenti,

– la dimensione sociale dell’inconscio collettivo, che è la vera radice più profonda di questi atteggiamenti,

– la dimensione ideologica pseudo conoscitiva del comportamento sia individuale sia di massa. Verrebbe da dire insieme a Collodi: fino a quando gli uomini resteranno eterni burattini senza accedere mai a una vera umanità? Non saranno mai capaci di conciliare la felicità emotiva con la razionalità economica e sociale? Evidentemente questo accadrà inesorabilmente fino a quando ci saranno dei burattinai trascendentali su questa terra e al di sopra. In questo senso una certa lettura di Marx è sbagliata: quella che propone solo una liberazione da catene materiali di sfruttamento, senza capire che la vera liberazione è prima di tutto mentale. Ecco perché la irrazionalità e la ingiustizia sono così difficili da debellare: i burattinai non molleranno mai il loro ruolo con le buone maniere, costringendo quindi a comportamenti violenti ulteriormente irrazionali. Aspettare che depongano il potere pacificamente è la grande illusione del libro cuore. Le masse infine sono intrinsecamente irrazionali, non possono cioè fare ameno di esserlo. Detto molto brutalmente e volgarmente: se sono così irrazionali anche gli studiatissimi intellettuali, figuriamoci le masse ignoranti. Il problema non è, come fece il comunismo, quello di mettere le masse contro il potere; il problema vero viene dopo che hai preso il potere, se ci riesci, cioè di costruire una società completamente diversa da quella a cui ti opponevi. Se fallisci qua sei fregato non so per quante altre generazioni: forse per sempre. E’ stato questo fallimento, il principale fattore micidiale del terribile arretramento storico che stiamo vivendo: ossia non tanto il crollo di un regime, ma il suicidio del mito missionario, utopistico e profetico insieme, di una classe capace di abolire il potere in quanto tale, incominciando da quello economico. Per riempire questo enorme vuoto si è passati da : proletari “atei” di tutto il mondo unitevi (ma ciascuno a casa sua con la propria via nazionale) a sottoproletari religiosi del terzo il mondo trasferitevi in Europa e principalmente in Italia… Nel primo caso si sperava, a parole purtroppo tragicamente contraddette dai fatti, di liberare il mondo dalla schiavitù; adesso si tratta semplicemente di trasbordarla. Così gli americani prima hanno traslocato gli schiavi dall’Africa in America, adesso dall’Africa in Europa. Un mito ha sostituito l’altro, ma nessuno sa come andrà a finire veramente.

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Infine la stessa conoscenza è alquanto irrazionale nel senso che incomincia di solito con una intuizione, come un flash inconsapevole che si impone, e finisce sempre con una verità si, ma incompleta, cioè con un errore parziale che magari in seguito verrà superato, ma raramente del tutto. Questa manfrina è però soprattutto una fortuna, altrimenti ci trasformeremmo negli dei , o nei demoni, dalla conoscenza assoluta… Del resto basta pensare a quanto sono importanti nella scienza categorie irrazionali come l’intuizione e soprattutto il caso. La conoscenza è il grande problema della irrazionalità. Se appartiene a pochi è incontrollata, a favore della prepotenza demoniaca di pochi potenti; se è appannaggio di pochi illuminati, resta quasi inutile, serve solo per dare testimonianza. Gettano dei semi sulla povera umanità, ma questo non è sufficiente a creare un movimento di liberazione di massa. Certo questa è comunque una faccenda enorme, nel mondo della falsità e manipolazione totale. Per quanto riguarda gli aspetti cognitivi già Platone ci aveva fatto capire che il potere (per interesse) e le masse (per suggestione e ignoranza) vivono nella caverna in balia della doxa, cioè in un regime indotto e autoindotto di plagio e falsificazione assoluta (lasciamo perdere che dopo, col mito dell’Iperuranio, anche lui ci ha messo molto del suo). Però aveva ragione a pretendere un’aspra e scivolosa ascesa cognitiva verso forme sempre più alte di autoliberazione e autocoscienza critica. Nello stesso tempo Platone ci dice che il filosofo (quello che torna nella caverna per liberare tutti) deve agganciare a questo movimento anche le masse, deve risvegliarle dalla loro paralisi conoscitiva. Freud ha drammaticamente interrotto tutto ciò facendoci scoprire per la prima volta, che in realtà anche la nostra autocoscienza subisce segretamente l’influsso dell’inconscio; aspetto ulteriormente rimarcato da Marx ( e da Heidegger) in relazione alla enorme pressione ideologica del contesto sociale. Noi dunque non siamo altro che il nostro inconscio (segreto) e il nostro contesto sociale (manifesto ma indotto) all’interno di una concezione deterministica del nostro destino che, se fosse così, lascerebbe poco o nullo spazio alla libertà. A prima vista osservando le vicende della storia passata e recente (il sogno di un pazzo diceva Shakespeare) e quelle attuali, sembrerebbe che al mondo non esista una sola briciola di razionalità. Eppure l’uomo è stato definito un animale razionale, da uno che come Aristotele, ci teneva parecchio a fuoriuscire dal mito; solo noi ci rendiamo conto adesso della contraddittorietà schizofrenica di questa formulazione. Infatti questa definizione è vera a metà, in realtà spacca l’uomo in due tra comportamento irrazionale istintivo e scelta di libertà e di consapevolezza. Ce ne sarà poca ma c’è ; se non fosse così non ci sarebbe guarigione in psicoanalisi, nella storia avrebbe sempre vinto la tesi dominante e noi saremmo rimasti fermi al mito (anche se ci stiamo ritornando nella nuova versione tecnologica).

In realtà lo stesso Freud dopo aver distrutto il mito filosofico contemplativo dell’autocoscienza assoluta, per fortuna ha ripristinato il percorso di una importante consapevolezza relativa: anche la psicoanalisi è una teoria molto complessa, costruita nel modo classico, in virtù della più alta autocoscienza critica facendo sinergia su intuizioni, deduzioni, verifiche etcc. L’aspetto critico è quello più importante a riprova del fatto che anche se un solo genio apre una porta, spalanca una finestra, dopo la vedono e ne beneficiano tutti. A maggior ragione se, capovolgendo la comune visione delle cose, mostra come queste sono veramente. Nella stessa pratica clinica l’autocoscienza ha un ruolo fondamentale nell’interpretare e ridefinire l’individuo che cerca se stesso in una modalità più confacente ai sui bisogni e alle sue aspirazioni. Ora tralasciando le stesse contraddizioni della psicoanalisi (non poche e ne piccole) è evidente che comunque l’umanità un certo percorso di avanzamento e di libertà l’ha pure fatto; non importa se cavalcato da pochi e poi allargato e usufruito da dirigenti e da masse che l’hanno rimpicciolito, frainteso se non tradito. Qualcosa è sempre rimasto. E come disse Hegel l’avanzamento dello spirito ( l’intelligenza collettiva) anche se si ferma, o addirittura torna indietro, poi avanza sempre. In realtà sembrerebbe che, come nella interpretazione dei manichei, il male, cioè la irrazionalità tossica, vinca quasi sempre, anche se il bene arranca e a volte gli sta dietro. In effetti anche il potere e le masse qualcosa hanno recepito di positivo; ogni volta che l’umanità si guarda indietro è sempre un pò meno mostruosa, un pò meno idiota e becera di prima. La grande tragedia consiste nel fatto che è sempre troppo poco, soprattutto che il peggio cova sotto la cenere e potrebbe sempre ritornare.

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IL PARADIGMA IRRAZIONALE DEL MITO

Ritornando al mito questo ci fornisce il paradigma primordiale e nello stesso tempo strutturale (eterno) della nostra originaria e indefettibile concezione ipnotica ideologica del mondo.

Infatti il mito non fa che elaborare un linguaggio, dei simboli (più tardi dei pseudo-concetti) i quali pur essendo prodotti dalla mente umana, la fagocitano e irretiscono totalmente. A partire da questo momento il soggetto è posseduto dai suoi stessi prodotti mentali e per giunta in un modo sacralizzato e quindi assolutizzato. Il suo potere creativo si trasforma nella peggiore schiavitù senza che abbia nessuna possibilità di accorgersene e rimediare. Il rimedio, cioè l’autocoscienza critica della filosofia critica e della scienza critica , ci metterà secoli prima di avviarsi verso la strada giusta: quanta gente su questa via ci ha lasciato la pelle… Tutto questo è stato fatto soprattutto da grandi filosofi e più tardi psicoanalisti che a hanno avuto il grande coraggio di levarsi di dosso ( certo un po alla volta) la maschera ideologica che faceva tutt’uno con la loro pelle. Insomma hanno lottato contro se stessi con tutte le loro forze. Alla fine i risultati che hanno proposto al mondo hanno veramente spinto in avanti tutto il fronte sociale della cultura. Al punto che persino le persone più periferiche non si rendono contro di aver assorbito, certo in un modo particolare, i grandi temi della cultura proposti da personaggi straordinari. Purtroppo oggi come oggi, il grande ritorno della religione, propone una rinnovata egemonia culturale a cui molti filosofi hanno prestato il destro, controfirmando il drammatico l’oblio dell’illuminismo (temporaneo o definitivo?).

AUTOCOSCIENZA E RAZIONALITA’

Abbiamo già visto come la conoscenza incontra subito la irrazionalità, nella sua origine intuitiva, nella struttura della realtà profondamente (ma non totalmente) legata al caso. Solo nel proseguo potrà riuscire e redimere in parte questa irrazionalità, ricorrendo all’autocoscienza critica complessiva, cioè utilizzando tutti gli strumenti della conoscenza ma soprattutto confrontando e corroborando tra di loro deduzione e verificazione.(se fa solo intuizione o deduzione ritorna alla vecchia metafisica).

Adesso per dimostrare la nascita e lo sviluppo dell’autocoscienza, proporremo una veloce carrellata un po’ adattata al discorso che stiamo proponendo,:

a) SOCRATE- CONOSCI TE STESSO: qualsiasi forma di conoscenza esteriore può risultare vana o addirittura pericolosa, se prima il soggetto non ha una forma di indagine e controllo “moralesu se stesso. Un argomento che sarà ripreso dagli alchimisti: la grande conoscenza della natura ( e la capacità di incidere su di essa) deve corrispondere a un grande percorso ascetico di elevazione morale e spirituale da parte di chi vuole usare la conoscenza a fin di bene e non a fin di male.

b) in S però tutto questo non porta affatto al mito idealista di una mente che crea se stessa constrani poteri” illimitati (in realtà molto limitati), arrivando a formulare autarchicamente la conoscenza e in definitiva il mondo. Anzi è il contrario esatto: S mette subito in guardia dal cadere in una simile trappola. SO DI NON SAPERE: la conoscenza deve esser esprima di tutto sapere dei propri limiti e così pure il nostro io deve guardarsi bene da assumere posizioni pseudo-conoscitive piene di arroganza infantile. E infatti S operava, con il sorriso sulle labbra, una critica totale e spietata verso il falso sapere e la falsa coscienza di tutti. La prima cosa consiste nello smitizzare, cioè nello smontare le fantasie, le illusioni (quando sono gravi) e i pseudo-concetti dei falsi e cattivi maestri (e dei loro discepoli instupiditi).

– Nella filosofia cristiana l’autocoscienza era la conoscenza dei valori supremi che facevano riferimento a Dio e al concetto di persona che ne derivava. Ma siccome per noi il concetto di Dio resta mitico in senso probabilistico, in quanto non si può dimostrare ne per via logica ne per via empirica, allora resta importantissimo solo il concetto di persona. E’ pur sempre un mito ma è positivo: non è un qualche cosa che esista veramente per tanta parte dell’umanità (purtroppo bestiale), ma resta un obiettivo da perseguire con tutte le nostre forze (una volta che il concetto di persona è riveduto e corretto alla luce di una piena sessualità). In tutti i casi è vero che l’autocoscienza per prima cosa deve mettere in chiaro i valori supremi a cui fa riferimento. Per noi: la conoscenza verosimile smitizzata, la difesa dell’individuo (persona), libertà, solidarietà, uguaglianza, democrazia; e fin che è possibile con metodo non violento (pensiamo ai partigiani).

TOMMASO CAMPANELLA: tralasciando gli aspetti più negativi e datati (il legame con la magia e l’animismo) il nostro è stato il primo filosofo che ha detto che l’autocoscienza ha senso solo in un serrato confronto coi sensi, cioè con la realtà; e non come voleva Platone completamente al di fuori in un mondo separato di essenza eterne smaterializzate.

PIETRO POMPONAZZI: in coerenza con questo tipo di pensiero, ha detto che la natura funziona con i criteri che essa stessa si è data, prima di tutto una casualità immanente, non quindi in base a una causalità soprannaturale. E’ la negazione esatta della logica dei miracoli e quindi del mito; ma l’avevano già detto i presocratici, e lo stesso Telesio: natura iuxta propria principia. L’autocoscienza non fugge dal mondo ma penetra la natura, più tardi lo farà con la storia.

CARTESIO: per la prima volta l’autocoscienza (cogito ergo sum) ritrova in se stessa la propria condizione e il proprio limite, in un certo senso autofondandosi . Facendo ciò si pone in un limite individuale ed epocale, in questo modo fa dell’autocoscienza qualcosa di determinato. Rovescia (nonostante la sua devozione) il discorso cristiano sull’autocoscienza, basato sulla rincorsa di quella Divina che, essendo infinita, non potrà mai definirsi in quanto tale (ovviamente non sarà mai alla portata dell’uomo).Il suo ricorso a Dio come garante esterno è solo una furbata, ora è l’autocoscienza umana il principio supremo. Tuttavia Cartesio propone anche due dottrine gravide di conseguenze negative. Fonda l’idealismo moderno dato che l’autocoscienza procede per pensieri e quelli sono alla fine la vera realtà; l’A crea il mondo attraverso i concetti (sarà ripreso ed esaltato da Hegel) esattamente come il mito lo faceva attraverso i simboli. Infine da alla matematica un potere assoluto; e infatti essa avrà veramente un potere enorme, ma distruttivo visto che funziona secondo una logica analitica strumentale, basata sulla misurazione esatta di parti separate. Non si tratta quindi di compattare l’armonia nel mondo che già esiste, o di ricomporla, ma di sezionare la natura per poterla dominare. Cartesio lo disse alla buona, Hobbes e Bacone lo diranno di brutto.

-KANT precisa la caratteristica fondamentale dell’A che fonda se stessa: è lo sfondo permanente che accoglie la percezione variante restando però sempre uguale. Per produrre e accogliere la infinita varietà mutevole dei pensieri, deve esserci qualcosa che resta saldo e permanente nella sua identità autoprodotta: questa è l’autocoscienza. Se non esistesse noi saremmo delle banderuole alla mercé della variabilità della percezione e della stessa mente: cioè alla fine un caos senza ne capo ne coda. L’organizzazione intelligente dell’A resta sempre la stessa anche se si applica ai contenuti più disparati. Purtroppo questo è vero solo in parte: in parte L’A fonda se stessa, ma lo stesso lo fa l’inconscio in modo occulto e decisamente maggiore. Quindi l’A si fonda su di se , ma anche si sfonda a causa della generazione equivoca e permanente dell’inconscio. La sua origine quindi è palesemente ambivalente, ambigua conflittuale e contraddittoria. Questa lotta, che ricorda simbolicamente la lotta dei due angeli, non decide solo i destini delle singole persone, ma dell’umanità intera. Questo potrebbe suggerire che l’autocoscienza razionale è sempre in lotta con l’inconscio. Dal punto di vista dello svelamento interpretativo si; ma non dal punto di vista repressivo: anzi potrebbe fare sue le istanze dell’inconscio inteso non solo come deposito di traumi, ma anche come forza energetica propositiva e realizzativa.

HEGEL SERVO E PADRONE: per H l’A non è più un percorso che avviene solo all’interno del singolo filosofo o della filosofia in generale, ma è una lotta tra autocoscienze, chi dall’alto e chi dal basso, a diverso titolo, entrambi protagoniste della storia. Esse combattono per la distruzione o per il riconoscimento reciproco. Ma questo, almeno in parte, sul piano del singolo, era già nella filosofia greca che si basava su un dialogo serrato, dove ogni Aut lottava contro tutte quelle diverse da se stessa, implicando il confronto (e il riconoscimento) con tutte le ipotetiche prospettive veritative possibili per quell’epoca. H aggiunge qualcosa di apparentemente banale e invece di enorme: lo scontro tra Aut ora è sociale e quindi pervade tutta la storia nel rapporto tra dominatori e dominati. Per entrambi ora, nel corso di questo scontro, riuscire a raggiungere livelli più alti di autocoscienza diventa una faccenda di vita e di morte. Per i dominatori si tratta di mantenere ricchezza e prestigio; per i dominati di continuare a vivere nella difficile resilienza quotidiana. Sul punto della resilienza degli schiavi Hegel aveva sicuramente ragione, nel senso del controllo e sopportazione del dolore, della repressione e ascesi forzata di tutti i bisogni anche sessuali: in definitiva del negativo della vita. Questa autodeterminazione cosciente nel voler resistere a tutti i costi facendo della vita un valore assoluto, rappresenta sicuramente un momento enorme nel superamento della condizione animale ed Hegel ha espresso una delle sue genialate a scoprirlo e rimarcarlo. Questo è vero ed esattamente ciò che ha sempre dato alle classi subalterne una umanità straordinaria, rispetto alla ripugnante incoscienza e superficialità amorale dei ricchi. Tuttavia lo schiavo sviluppa pure una autocoscienza fondamentale anche a livello conoscitivo, immerso identificato con tutti gli aspetti della terribile fatica del suo lavoro (?). Infatti pensava che per i dominati, nonostante fossero analfabeti, fosse più facile raggiungere la meta: ossia nel caso degli schiavi, l’origine della conoscenza, intesa come trasformazione della natura tramite il lavoro. Tuttavia questo non ha molto senso per gli schiavi antichi che lavoravano in un contesto molto primitivo e semplificato di mera forza fisica: cosa conoscevano, le braccia e il piccone?

Certamente Hegel ci fa capire che il vero rovesciamento avviene sul piano culturale tramite lo sviluppo della interiorità e quindi della spiritualità. In realtà lo schiavo poteva comportare tanto una condizione di abbrutimento bestiale, quanto effettivamente esprimere livelli di sublimazione “miracolosi” come quando inventarono dal nulla la musica orfica. Tuttavia pretendere che pur essendo analfabeta, superasse a livello mentale e culturale i padroni che facevano costruire le piramidi o che si facevano declamare l’Iliade o l’Odissea, mi sembra veramente eccessivo e paradossale. Soprattutto la loro condizione restava terribile: non era questo ciò che esattamente ci voleva per rovesciare veramente la situazione, prendere il potere e soprattutto gestirlo.

MARX: LA (AUTO)COSCIENZA DI CLASSE

. H però, inguaribile ottimista adoratore (a vanvera) della ragione, vedeva tutto questo sempre immerso comunque in un percorso positivo e progressivo. In questo senso anche le contraddizioni ideologiche di una falsa coscienza, venivano però salvate e ricomprese in una fondamentale via maestra evolutiva, sia in senso storico che filosofico (Fenomenologia dello Spirito). Peccato che su questo tragitto spesso si metteva di traverso la irruzione distruttiva di forze barbariche come l’inconscio magico dei nazisti. Questo stava per interrompere in modo orribile la predestinazione di questa speciedi cavalcata trionfale.Al tempo di Marx questa caratteristica divenne addirittura la profezia dell’emergere di un nuovo protagonista della storia, in grado di rovesciare completamente le sue condizioni iniziali non solo culturali ma materiali. Questo nuovo demiurgo era il proletariato. Infatti esso aveva, pur essendo analfabeta, la straordinaria capacità di acquisire la conoscenza critica della totalità della società, appunto tramite il vissuto di tutti i conflitti subiti. Questo approccio teorico così affascinante, e gravido di conseguenze storiche enormi (rivoluzione comunista) in realtà si basava su presupposti o molto esagerati o addirittura fuorvianti. Da una parte gli schiavi antichi (e più tardi gli operai) essendo a contatto diretto col loro contesto lavorativo (e vessatorio) lo conoscevano molto meglio di chi li sfruttava (?!) Come già detto questo non aveva molto senso per gli schiavi antichi. Invece aveva molto senso per gli operai che in pieno macchinismo industriale, lavoravano a stretto contatto un un sistema tecnologico molto complesso e avanzato. In effetti ne sapevano effettivamente di più degli stessi ingegneri che avevano inventato quelle macchine. Questo però aveva solo un significato teorico parziale, sganciato com’era dagli altri due livelli fondamentali del sistema capitalista: ossia la distribuzione e il commercio. Non solo: avevano scarsa voce in capitolo anche per quanto riguardava la gestione del potere. Pertanto a questa conoscenza empirica di base, effettivamente cosìimportante sul luogo di lavoro, non corrispondeva una pari importanza nei rapporti di forza, ne in fabbrica e ancor meno fuori dalla fabbrica. Infine dobbiamo ricordare che proprio Taylor, aveva capito che questo gap, molto forte da parte dei padroni e gestori del lavoro in fabbrica rispetto ailoro subalterni, andava colmato al più presto. Per fare ciò aveva rimediato inventando un sistema pazzesco. Faceva controllare e descrivere minuziosamente tutti i gesti tecnici degli operai, arrivando così a svelare tutti i segreti della produzione vista dal basso. Non solo ma Ford più tardi, ispirandosi a questo sistema di controllo assoluto, aveva spezzettato in sequenze semplificate le parti del lavoro, rendendolo da una parte automatico e dall’altra inconoscibile e misterioso agli stessi operai. Questi ora lo subivano e basta avendo perso di vista la sintesi e totalità conoscitiva della produzione nel suo insieme. Secondo concetto: patendo tutte le ingiustizie sociali (Marx) evidentemente gli operai le conoscevano già meglio degli stessi sociologi, senza bisogno di andare alla università visto che le vivevano direttamente. Purtroppo questo era soltanto un mito e tale rimase: chi nasce da genitori analfabeti senza andare a scuola, raramente sviluppa quel livello minimo di intelligenza che gli permetterebbe di risolvere questioni complesse di qualsiasi tipo. Soprattutto ha scarsa difesa contro le deviazioni e trappole ideologiche di qualsiasi tipo. In effetti il terribile fallimento del proletariato (la evanescenza della tanto decantata coscienza di classe marxista ) sembrerebbe testimoniare proprio questo: ossia il proletariato subisce la terribile pressione della negatività sociale in senso negativo e deformante, piuttosto che esserne fecondato positivamente sul piano conoscitivo, sia pure a un livello empirico e immediato. Infine dobbiamo ricordare che proprio in Iugoslavia ai tempi di Tito si svolse un interessantissimo esperimento di tipo sociale e ideologico a riguardo della capacità degli operai di controllare e gestire la produzione delle fabbriche in cui lavoravano. Questo fenomeno si chiamava appunto autogestione. Purtroppo fallì dimostrando che anche quando si creavano le condizioni per poter esercitare il potere operaio conoscitivo e pratico, questo falliva lo stesso. Il fallimento principale del marxismo deriva proprio dalla incapacità di riconoscere che il proletariato non esprimeva affatto il punto di vista critico attivo della totalità sulla totalità, ma semmai la subiva venendone schiacciato. Pertanto affidarsi esclusivamente al proletariato distruggendo le altre classi è stato un abbaglio pazzesco. Ma il primo che ha preso questo abbaglio rovesciando il ruolo docente discente è stato proprio Hegel. Il fatto che abbia scoperto l‘importanza enorme del lavoro e quindi dei lavoratori è stata una cosa enorme; il fatto che Marx, seguendo Hegel, abbia fatto sviluppare la conoscenza rivoluzionaria partendo dalla autocoscienza dei lavoratori subalterni, è stata una cavolata pazzesca. Tanto è vero che “IL CAPITALE” è firmato Karl Marx e non la coscienza del proletariato. Qui si vede subito uno dei più inghippi ideologici più incredibili del marxismo-comunismo: ossia gli intellettuali si inventavano (o meglio esageravano) la esistenza di una coscienza di classe e poi la esercitavano...per procura. Hegel lo ha fatto proprio perché credeva solo nel razionale, e quindi per tentare di giustificare questo, ha dovuto sempre rovesciare il negativo in positivo: è una prassi speculativa molto interessante e anche utile, ma a volte prende delle cantonate. Come quando ha preteso di farci credere che l’esperienza culturale degli schiavi fosse valida non solo sul piano della interiorità (hanno persino inventato l’orfismo e la musica) ma anche che fosse in grado di competere con i padroni sul piano della esteriorità. Questi magari hanno scarsa interiorità, ma hanno dalla loro parte la esteriorità più superficiale e micidiale che esista: la forza e la violenza del potere. Marx ha addirittura profetizzato che la (falsa) coscienza degli operai sarebbe stata in grado di spezzare le catene del mondo: invece, una volta preso il potere, alla fine si è incatenata da sola. Hegel aveva scoperto che dalla resilienza degli schiavi ( autocontrollo del dolore fisico e morale, delle passioni, potere dell’autocoscienza come autodeterminazione a voler vivere a tutti i costi) nasceva una interiorità pazzesca con altissimo valore culturale (hanno inventato persino la musica orfica). Ma questo non aveva nessuna importanza per la presa del potere e soprattutto nella sua gestione successiva. Tanto è vero che gli schiavi americani non si sono certo liberati in virtù dei blus; e che in Sudafrica, dopo che i negri hanno preso il potere, la loro gestione sta fallendo travolta dalla corruzione. L’autocontrollo dalle lusinghe del potere è una cosa che non riesce a nessuno. Hegel quindi in definitiva ha misconosciuto il potere demoniaco dell’inconscio, un negativo che non poteva rovesciare e quindi lo ha ignorato nella sua capacità di far esplodere la storia in mille pezzi. Ma alla fine tutto questo per dire che cosa? Non per fare un piccolo mini saggio di filosofia hegelo-marxista ne per spiegare come sia andato tutto a carte quarantotto (anche). La morale della favola è per dire che Hegel e Marx non hanno fatto vera autocoscienza critica e quindi per fornire un altro paradigma della stessa. Hegel ha inseguito il vortice dei suoi sofisticati e tortuosi ragionamenti; ma Marx ha fatto di peggio. Lui che doveva essere il paladino di un genuino materialismo, ha prodotto una specie di idealismo platonico marcio, elaborando una scenografia che esisteva solo in piccola parte nella realtà.

La vera autocoscienza critica è rappresentata (almeno formalmente) da un modello antico, vetusto, pignolo e rompiscatole, ma prestigioso e del tutto dimenticato perché troppo defatigante: proviene in parte da Platone e si è realizzato in Aristotele. Consiste data una tesi ( es il livello di conoscenza degli schiavi analfabeti è superiore a quella dei padroni che si fanno declamare Iliade o Odissea) nel confrontarla con tutte le obiezioni possibili, con tutte le contro-tesi esistenti epocalmente, andarle a cercare o addirittura costruirle, insomma facendo l’avvocato del diavolo a se stessi. Certo ad Aristotele faceva difetto ancora il principio di verificazione, mancavano ancora le prospettive critiche dell’economia di Marx o quella dell’inconscio di Freud; ma ancora una volta è solo paragonandole tra loro che si può trovare una teoria col coefficiente mitico più basso e quindi la più realista possibile, restando nel contempo rivoluzionaria. Quella di prospettare il proletariato ai vertici della storia era valida e realistica come porre uno schiavo ai vertici del potere in Egitto al posto del Faraone. E infatti poi alla fine hanno trionfato due faraoni come Stalin e Mao. Anche Mark Twain fece qualcosa di simile ne “Il principe e il povero”. I due si scambiano i ruoli (come volevano Hegel e Marx) ma alla fine vennero dichiarati pazzi entrambi…Ancora una volta la storia si può salvare solo se si crea una sintonia tra finalità democratiche e giustizia sociale, una alleanza tra alta cultura e classi subalterne. Ma questa non è una cosa comunista (che è morto per non averlo fatto); è da sempre una cosa socialista, che se prima o poi non si avvereà sarà il disastro. O socialismo o barbarie.

-Nietzsche: è difficile inserirlo nei filosofi dell’autocoscienza visto che odiava Socrate; ma la sua condanna di tutti gli assoluti resta la forma più alta di contestazione e di superamento di tutte le formulazioni mitiche elaborate dalla mente umana. Anche se lui naturalmente non è esente, come tutti, dall’esserci clamorosamente cascato: pensiamo alla teoria per noi assurda e ultra metafisica dell’eterno ritorno e al suo libro su Zarathustra, uno dei testi più mitici che mai sia stato scritto.

Il problema dunque è quello di riprendere la validità dell’autocoscienza (lo faremo più avanti) nella lotta contro ogni forma di mitologia tossica , elaborando nello stesso tempo una teoria critica sempre più valida come strumento di liberazione nel senso più generale (salvando gli aspetti positivi del mito come l’arte). Per il momento accenniamo ad alcuni capisaldi irrinunciabili riannodando i discorsi precedenti:

-Hegel: la totalità critica dinamica dei conflitti, sia nella loro necessità intrinseca, sia nelle potenzialità di sviluppo.

-Marx: la critica del determinismo economico come auto giustificazione e falsa coscienza del capitalismo (noi aggiungiamo, anche di quello comunista e di qualsiasi tipo di potere)

-Freud: lo svelamento del determinismo psichico familista e della nevrosi di massa intrinseca in tutti i regimi socialmente e sessualmente repressivi (Il disagio della civiltà).

Ovviamente essi stessi verranno sottoposti alla dura prova dei fatti e alla lezione della storia.

Pertanto all’inizio di un pensiero ancora troppo intuitivo e immediato, il soggetto commetterà sempre questo primo passo falso miticizzante; il problema è accorgersene e rimediare. Un passo indietro e due in avanti perché in fatto di conoscenza e di decisioni sociali, solo l’autocoscienza potrà avere l’ultima parola. Ma se fosse il contrario, uno in avanti, ma solo in apparenza, e due indietro nella sostanza, allora si ricade completamente prigionieri del mito.

Freud distrusse molto giustamente e opportunamente il mito filosoficamente assurdo (metafisica) dell‘autocoscienza produttrice e garante di una verità assoluta; ma nello stesso tempo parlando di verità e guarigione in terapia, fu costretto ad ammettere che le spettava ancora l’ultima parola; e così accade per qualsiasi altra questione, almeno su di un piano teorico e formale. L’autocoscienza critica teorica (ma sempre verificata per quanto possibile nei fatti) ci riporta non solo a tutti livelli della realtà sociale ma anche li mette insieme, e se ci riesce produce l’aspetto più importante della filosofia per la vita: come diceva Hegel il proprio tempo appreso col pensiero.

L’AUTOCOSCIENZA COME METODO E COME PRASSI

Ma come si sviluppa e si esercita l’autocoscienza critica? Hegel individuando e unificando i concetti di in se, per se e contraddizioneNOTA (conflitto) ci ha fornito un paradigma valido e interessante.

Tutto quello che esiste si compone di una forza identitaria (in se) composta di elementi interni diversificati, (enti e forze dinamiche a volte visibili, altre volte invisibili, quindi vanno scoperti) che vorrebbe mantenersi a tutti costi, sviluppandosi e tenendoli insieme il più a lungo possibile (es: il tronco-visibile e le radici-invisibili di un albero). Purtroppo esistono già tra questi elementi interni, forme necessarie e polarizzate di conflitto che portano alla disgregazione e sparizione finale della forma originaria (questo è il destino di tutto l’universo). Da questo punto di vista stiamo parlando della totalità organica relativa (ovviamente quella perfetta non esiste) che riunisce provvisoriamente tutti questi elementi e della sua crisi potenziale. Ma esiste anche il per se, cioè tutti quelli elementi contestuali esterni di cui necessita per sopravvivere e per svilupparsi ( aria, elementi chimici della terra, luce ecct); ne esistono anche altri, che pur entrando in un rapporto non occasionale ma obbligatorio, vorrebbero distruggerla a vario titolo (tempeste, animali chese ne cibano). L’autocoscienza critica è il sapere che lentamente si costruisce per individuare la dialettica ( il rapporto dinamico costruttivo o distruttivo) tra tutti gli elementi dell’in se e del per se, i quali raggruppati per entità regionali, costituiscono la natura e la società; ma non finisce qui. E’ chiaro che queste totalità organiche regionali sono in rapporto più o meno forte, più o meno conflittuale tra di loro. Alla fine la società è una specie di grande matrioska che ne ricomprende altre più piccole al suo interno: tuttavia spesso queste hanno una grande autonomia o sono appunto fortemente conflittuali tra di loro (ma basterebbe pensare a quella più piccola, ossia alla famiglia). E’ chiaro che l’autocoscienza critica così intesa è sempre relativa e in fieri, soprattutto richiederebbe un lavoro di equipe, un vero intellettuale collettivo. E’ un qualche cosa che potrebbe fare solo l’università o un grande partito antagonista; Piaget cercò di farlo dal punto di vista della nascita della intelligenza umana e infantile. Marx cercò di farlo da solo dal punto di vista della critica sociale: un lavoro enorme, eroico e geniale che però si arrestò all’economia non scevra di errori colossali. La fine della proprietà privata non è stata il motore della nuova economia, ma la sua morte. Infine per quanto riguarda la psicologia l’apporto fu zero. E’ fondativa perché ricerca le cause profonde e le strutture originarie, ma è anche s-fondativa, perché ogni cosa ha anche un insieme di concause esterne spesso indefinite (sono troppe e diluite nel tempo) e soprattutto continuamente mutanti come il virus. La prima di queste cause per così dire etero-fondata è proprio l’inconscio. L’autocoscienza così intesa è piuttosto terribile, perché svela e raccoglie l’insieme di tutte le critiche che rivelano delle negatività: errori, illusioni, crimini, soprattutto subdoli sotterfugi ideologici per nascondere qualcosa. Alla fine, per forza di cose, esprime una totalità negativa più disorganica che organica: come potrebbe essere altrimenti se evidenzia tutte le parti del sistema che si stanno sfilacciando e rompendo? Ma questa è proprio la sintesi della irrazionalità implosiva ed esplosiva di ogni epoca. Tuttavia è anche positiva perché prende in considerazione le potenzialità evolutive che pure emergono da un quadro così drammatico. Noi dobbiamo sempre cercare con tutte le nostre forze la totalità organica, ossia la verità come sintesi di tutti gli elementi rapportati tra loro; ma il fatto di raggiungere questa completezza e spesso una illusione, proprio perché i limiti e i conflitti del reale impediscono questa compattezza. Anche se fosse possibile clonarla oggettivamente come fotocopia dal reale stesso (impossibile) è la realtà che si presenta in se stessa incompleta e disorganica. Nello stesso tempo è solo da una ricerca di questo tipo che si può prospettare un tentativo di fuoriuscita da tutte le crisi del tempo in cui viviamo. A questo punto uno potrebbe chiedersi: ma che senso ha questo fanatismo nel ricercare quasi a livello masochistico di vedere il lato negativo della foto invece di quello positivo? Il fatto è che la conoscenza avanza principalmente nel ricercare e superare l’errore; per ristabilire la sanità bisogna conoscere l’enciclopedia delle problematiche patologiche. La medicina è nata dalla anatomia patologica, lo stesso ha fatto in un certo senso prima la critica sociale come cura delle malattie della società. Ma soprattutto c’è un’altra considerazione enorme: l’autocoscienza dei lati positivi della società, se non è comparata con il lato critico negativo, è doppiamente fuorviante:

– rischia di diventare l’apologia dei potenti

– mostrando solo la superficie positiva, esalta il dato di fatto nella sua apparente necessità e ineluttabilità, facendo diventare il negativo un destino inesorabile. E’ quello che ha fatto il positivismo esaltando la ragione in modo pacchiano; lo aveva fatto anche Hegel che però aveva mantenuto anche uno spiccato senso critico.

Purtroppo questa teoria critica complessiva della società ha essa stessa degli aspetti mitici di cui deve fare permanente autocontrollo e autocritica:

– intanto richiede un intellettuale collettivo che si potrebbe ritrovare, come già detto, solo all’università o in grandi partiti antagonisti: eppure anche quando c’era, il vecchio partito comunista, l’abbaglio era totale…

– non dovrebbe cadere mai nell’errore di fossilizzarsi nei risultati passati della ricerca

– non dovrebbe presentare solo un versante apocalittico di negatività ma anche di speranza fattiva aperta alla prassi politica e a una dimensione esistenziale per cui valga la pena di vivere e lottare. Altrimenti i giovani li perdiamo.

– trovare elementi di prassi che pur essendo limitati (riformisti) siano anche strutturali: puntino cioè a un grande e stabile cambiamento.

L’ Aut critica presuppone prima di tutto, la capacità e la predisposizione geniale, in senso intuitivo e deduttivo, di inseguire come un segugio instancabile, tutti i tipi di gli imbrogli ideologici: soprattutto quelli che uno potrebbe farsi da solo con le sue stesse mani (o meningi). Bisogna sempre andare oltre la superficie, scavare in profondità, scendere a tutti i livelli più profondi e nascosti, nel sottosuolo proibito di tutto ciò che non si dovrebbe dire e non si dovrebbe vedere. Non deve certo accontentare la malafede dei potenti o la fragilità e piaggeria subalterna delle delle masse conformiste. Si tratta di una missione e di una vera vocazione a individuare e ridimensionare i falsi idoli che impediscono e snaturano la ricerca della verità (quindi con una onestà e un coraggio intellettuale a tutta prova).

Purtroppo il crollo non solo del comunismo ma della stessa socialdemocrazia rendono tutto questo mitico e utopistico; nello stesso tempo condannano il mondo alla sudditanza totale nei confronti di tutte le forme di irrazionalità che il capitalismo produce incessantemente nella sua forza materiale e sovrastrutturale di dominio totale. E’ chiaro che questo aumenta enormemente la irrazionalità già presente in ogni individuo e ovviamente nella stessa società. In poche parole se nei prossimi decenni (forse veramente cruciali per il destino dell’umanità) non si riesce a ricostruire un partito di massa antagonista e alternativo al sistema capitalista come era il PCI, però emendato dai suoi gravi difetti (in primis il comunismo stesso) o meglio ancora com’era il vecchio Partito Socialista di Turati, allora le cose si mettono molto male. Ecco perché l’impresa dei 5 stelle era già minata in partenza con quel ridicolo movimento destinato a sbriciolarsi al primo duro impatto con la micidiale politica italiana.

Serve una nuova idea di partito (che per ora non c’è) raggruppata attorno a un intellettuale collettivo organizzato, resistente come l’acciaio e flessibile come un giunco.

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IL DISAGIO DELLA IRRAZIONALITA’

Siamo esseri profondamente irrazionali, immersi in una genesi e in un contesto a loro volta con le stesse caratteristiche: tale per cui aumentano e si riconfermano a vicenda. Il problema fondamentale è riuscire a bloccare e invertire questo circolo vizioso micidiale. Quando parte per la tangente (vedi guerra e crisi economica ecct) allora si scatena l’inferno. Le masse purtroppo saranno sempre, nella migliore delle ipotesi delle forze di urto, degli arieti per scardinare ed entrare nella stanza dei bottoni (o per via elettorale o insurrezionale; ma sempre orientata alla difesa e sviluppo della democrazia). Dopo di che la gestione del potere ottenuto diventa quanto mai problematico: ci vogliono, come pensavano gli alchimisti, dei cervelloni ma anche dei santi e degli eroi. Debbono accadere due condizioni straordinarie : le masse riconoscono come leader persone eccezionali con una teoria rivoluzionaria finalmente all’altezza (democratica e pacifica finché si può). Soprattutto questi leaders meravigliosi dovranno mantenere fino all’ultimo la caratteristica eccelsa di controllare la loro irrazionalità. Solo pochi individui, con questa fondamentale caratteristica, che purtroppo non appartiene al resto dell’umanità, se ne nascono, e soprattutto se arrivano al momento giusto, possono cambiare e invertire il corso della storia.

Ovviamente la loro personalità straordinaria non basta; dovrà essere accompagnata da un cerchio di persone più o meno allo stesso livello, anche perché si potrebbe porre il problema di una rapida successione. Ultimamente lo abbiamo visto anche col movimento 5 stelle. Casaleggio padre e Grillo in dieci anni hanno creato un movimento incredibile che è arrivato in parlamento al 31%. Se fosse stato con le carte in regola (un valido partito e non un ridicolo movimento) e se avesse trovato degli alleati giusti, rischiava di aprire per la prima volta in Italia una stagione “rivoluzionaria”. Invece si è sciolto come neve al sole nel giro di pochi mesi come successe a Parri nel 46. Parri non aveva colpe, neanche il povero Casaleggio a morire, ma la sua dipartita ha creato un vuoto incolmabile, la dimostrazione che le grandi personalità contano moltissimo. Grillo invece di colpe e mancanze ne ha avute a iosa: anche lui ha costruito un grande movimento, ma era un colosso dai piedi di argilla; in pochi mesi lo ha fatto crollare dimostrando di non essere all’altezza ne da un punto di vista politico ne morale. E’ stato un grande tribuno del popolo, ma c’è da chiedersi se aveva veramente la cultura adeguata, in senso politico, filosofico e psicoanalitico. Chi non sa educare i propri figli potrà salvare la nazione?

Perché questo lo possono fare solo individui geniali e come diceva Platone ci vogliono filosofi al potere; o meglio un certo tipo di intellettuale, di cui finora se ne son visti ben pochi, sia come persone, ma anche come coefficiente ancora inadeguato del loro valore. La loro azione politica non è stata sufficiente a creare una vera rivoluzione pacifica, anche perché poi li ammazzano. Certo queste sono condizioni quasi miracolose, utopistiche e forse non si avvereranno mai. In queso caso l’ultima speranza consiste nel fatto che i dirigenti all’ultimo momento, di fronte al disastro incombente e alla disperazione delle masse, si tirino indietro. Insomma facciano qualcosa di grande, almeno per fermare la macchina distruttiva che hanno cavalcato fino all’ultimo secondo. Però con la prima e seconda guerra mondiale, nessuno si è fermato e tutti sono caduti nel baratro a occhi chiusi. Per bloccare la irrazionalità bisogna conoscerla e soprattutto avere la volontà di ferro per poterlo fare.

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IL CONFORMISMO ACRITICO

Si incomincia con i primi mesi di vita totalmente irrazionali: prima di tutto c’è di mezzo l’inconscio, o meglio il bagaglio dei traumi infantili e gli archetipi negativi ereditati per via cromosomica dalla famiglia. Da questo punto di vista è paradossale constatare che un certo livello di traumi e di negatività (non esagerata) dovrà pur esserci; altrimenti il trauma più grande rischia di essere proprio la mancanza di traumi. Ossia se il bambino vive un regime di vita completamente gratificante, in totale simbiosi con un mondo perfetto, non imparerà mai la frustrazione, il dolore , il sacrificio e la resilienza. Soprattutto non sarà in grado di distinguere se stesso dal mondo esterno, restando per sempre imprigionato nei suoi fantasmi di desiderio onnipotente che gli precludono un vero confronto con la realtà. Subito dopo la famiglia si finisce in un contesto sociale dominato da chi ha bisogno di plagiare e indottrinare circa i propri privilegi, solitamente difesi a spada tratta da superstizioni religiose: così facendo cerca di nascondere le ingiustizie e le falsità necessarie per realizzare tutto ciò. Altrimenti se non funziona con le buone, si ricorre al vecchio sistema dei carri armati. Chi riesce a fuoriuscire da questa caverna è benemerito, ma spesso si ritrova da solo contro tutti; alcuni come Socrate faranno una vita di strenuo combattimento fino al sacrificio finale. Lo stesso destino che oggi come oggi è capitato a Navalny e soprattutto Assange. Gli unici che forse (forse!) si salvano un po’ dal conformismo ora massificante ora carrieristico, sono gli intellettuali e gli psicoanalisti non “integrati”; ma quante volte abbiamo visto dire e fare cavolate anche da loro. Bisognerebbe proprio fare delle gran sedute di autocoscienza critica razionale vicendevole (Socrate le faceva) da chi (se esistono) avesse le seguenti grandi caratteristiche: cultura enorme, intelligenza idem, ma soprattutto onestà e coraggio intellettuale a tutta prova. Non dovrebbero cioè essere venduti ai potenti, preti compresi, al conformismo di massa, all’inconscio collettivo, ma anche al demone di essere bastian contrari per forza. Ma alla fine cosa ne verrebbe fuori: un pensiero iper critico, una totalità negativa assai dura da sopportare soprattuto per le giovani generazioni. Un programma culturale e politico magari condiviso da tutti , tranne che da quelli che stanno nella stanza dei bottoni e che quindi o se ne fottono altamente, o fanno finta di darti ragione, per mostrarsi alla moda, ma soprattuto per perdere tempo e fregarti ancora meglio. In tutti i casi la elaborazione di questa totalità negativa resta imprenscindibile: la critica di tutte le critiche, compresa la propria autocritica. La teoria critica non deve cedere al trabocchetto della propria onnipotenza nichilista, perché comunque bisogna lasciare spazio e non annullarlo, all’impegno politico e soprattutto alla vita. Eppure il trauma più grande non è la famiglia in se stessa quanto la civiltà tutta intera. Non è stata certo la famiglia ma lo stato, che più di tutti ha spinto la gente a massacrarsi in guerra. Questo significa che per uscire da questa palude dovremmo veramente avere il coraggio di prospettare e progettare una società completamente diversa da quella attuale. Marx ha tentato ma purtroppo ha fallito: dovremmo avere il coraggio di riprendere questo enorme lavoro di progettazione teorica. E’ dalle frustrazioni e dalla rabbia dell’inconscio che nascono tutte le forme di mitologizzazione e tutti i falsi assoluti conseguenti. E’ da un assoluto negativo realmente esistente, che si passa a un assoluto positivo ma del tutto illusorio come accade per le religioni. Questa tragica situazione può valere per persone che vivono in condizioni terribili, compreso il basso tasso di scolarizzazione, ma non può valere per chi vive in occidente con un buon tenore di vita e un tasso di scolarizzazione elevato, che però a quanto pare non è servito a niente. Questi bisogna lottare per riportarli, è il caso di dirlo, all’uso illuministico, critico e non dogmatico, della ragione, ovviamente dentro a un confronto democratico. Certo è dura in qualsiasi condizione sociale vivere senza illusioni ideologiche o religiose; ma la ricerca (non il possesso…) della verità, quella che si fa con la filosofia critica e con la scienza critica, resta la cosa più importante per chi pensa che la salvezza stia nella cultura impegnata e non nei sogni ( a parte l’arte e quel po’ di utopia che pur ci vuole a livello omeopatico).

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Dunque è questo che produce il mito antico e la ideologia moderna: una visione del mondo ipnotica e coattiva. Se idea significa visione del mondo, allora questa vede (emotivamente) solo se stessa ed è incapace di confrontarsi con altre prospettive; se logos vuol dire ragionamento essa persegue solo il suo filo logico escludendo a priori quello degli altri. La cosa più grave di tutte le ideologie consiste, nella incapacità di confrontarsi da una parte con le situazioni concrete e le verifiche necessarie, oppure al contrario, basarsi solo sui fatti, non andando al di la del proprio naso. I primi negano semplicemente la realtà, i secondi ci si nascondono ma nel mondo peggiore. Marx disse che i filosofi non devono più solo interpretare il mondo, ma impegnarsi eroicamente per cambiarlo: il suo fallimento ci ha riportato al livello di una mera interpretazione che ci spiega solo perché il mondo è così irrazionale con scarse speranza di cambiarlo (finché non si riforma un partito rivoluzionario) Questa spiegazione ancora una volta leva inesorabilmente la maschera fantasmatica ai miti e alle ideologie di tutti i tipi. Non per esaltare uno scetticismo e un nichilismo che porterebbero alla paralisi totale , ma per spingere verso una vera maturazione. Questa oggi va contro corrente l’intero sistema pseudo culturale propinato dai media e dalla politica compiacente del sistema (religione compresa).

Detto questo sembrerebbe la solita manfrina completamente sbilanciata a favore delle differenze, delle minoranze, della inclusione a senso unico e a tutti i costi. Stiamo parlando dello stucchevole ritornello che ascoltiamo dalla mattina alla sera e che trova tutti d’accordo incredibilmente, anche schieramenti e ideologie che prima non lo erano affatto. Ecco dunque tutti insieme allegramente padroni, preti, tutta la sinistra anche quella estrema. Ma se davvero stanno tutti assieme questa è la più grande dimostrazione che al di la delle chiacchiere e delle urla, la vera alternativa non esiste più. Se sono tutti riformisti nessuno lo è più veramente. Se il principio di inclusione vale sempre in modo assoluto e formale, sembrerebbe una cosa meravigliosa e da salvaguardare a tutti i costi, senza eccezione; invece non è così: questa inclusione assolutizzata esclude dogmaticamente e pregiudizialmente il principio di verificazione, che invece vale caso per caso. Non può essere valido a priori come se fosse un dogma o un sacramento. La sua validità deve conseguire da attenta valutazione realistica e non da pulsioni di tipo idealistico sentimentale, moralistico e religioso. Soprattutto va contro altri valori sacrosanti come il diritto di apprendimento a scuola, o la difesa della identità etnica di un paese che non è affatto una cosa nazista, come vorrebbero tutti quelli che nel frattempo, non hanno fatto assolutamente niente (per 30 anni di seguito) per impedire la catastrofe delle culle vuote in Italia. E chi non è d’accordo, chi osa obiettare è fascista, anzi nazista addirittura.

Il fatto è che un conto è prospettare come abbiamo fatto fin’ora un discorso formale e un conto è calarlo nella realtà. Altrimenti sembrerebbe che tutte le maggioranze sono in quanto tali nemiche delle differenze, fasciste o passatiste nel senso peggiore ( ecco la prima assolutizzazione mitica dogmatica), conseguentemente tute le differenze e le minoranze sono invece da difendere ed esaltare per definizione (seconda assolutizzazione mitica dogmatica). Peccato che una vera democrazia ha bisogno di una maggioranza coesa e non del vestito di arlecchino. Questa difesa a oltranza varrà fino a quando quelle differenze non diventeranno comunque minoranze assai corpose e così influenti da essere in grado di attaccare pericolosamente piuttosto che difendersi? O addirittura dal diventare in prospettiva, esse stesse maggioranze vendicative desiderose di rovesciare i ruoli del tutto? Questo è il punto: attaccare o difendersi ma in base a quali valori e visioni del mondo? Non è che la differenza ha sempre ragione per forza e completamente solo perché è una differenza.Tutto questo calato in contesti storici e sociologici reali, si offre a molte variabili e contraddizioni. Si presta cioè a doppie verità, quindi a situazioni così drammatiche ma anche così ambivalenti, da escludere una facile assolutizzazione emotiva. Quella stessa sul tipo di un moralismo isterico e formale che oggi va tanto per la maggiore (lo chiamano politicamente corretto). Le differenze vanno viste e vagliate volta a volta, soppesate fino a che punto vanno difese o non costituiscono piuttosto una ulteriore fonte di disgregazione e anonimia, in una società già così tanto frantumata. Proprio Marx ci ha insegnato che dietro a crociate piene di meravigliosi valori su cui non si può non essere d’accordo, si nascondono in realtà interessi apparentemente inconfessabili, naturalmente di tipo economico e politico. Questi strumentalizzano ideologicamente le meravigliose favole umanitarie di stampo buonista, le quali però non sono propagandate con altrettanto buonismo, bensì con un a certa violenza verbale e terrorismo ideologico: ossia non solo in modo ossessionante e martellante, ma con la più grande virulenza, nonché ricatto sentimentale subdolo e fuorviante. La famosa guerra civile americana e l’abolizione della schiavitù in realtà nascondevano semplicemente il bisogno di far trionfare il macchinismo industriale del nord. Tanto è vero che i primi anni degli schiavi liberati furono assai più terribili di quando stavano nella capanna dello zio Tom. La verità è che, ritornando a smascherare i ritornelli ossessivi di tutti media, bisogna avere il coraggio di contestarli alla radice. Non ci può essere identità senza differenza e viceversa; e così pure inclusione senza esclusione. La differenza e la inclusione assolutizzate puzzano come bei fiori nel vaso pieno di acqua marcia. Incredibile che nessuno tocchi questo argomento che colpisce al cuore la pseudo razionalità dei nostri giorni. Io posso accogliere i migranti ma prima di tutto devo difendere la maggioranza identitaria del paese; posso difendere gli omosessuali ma non posso puntare a farli diventare una maggioranza. O meglio si può fare tutto in libertà; anche dimostrare e spiegare il proprio dissenso in democrazia. Esiste infatti una problematica ben più subdola e profonda che va al di la della soggettivazione forviante dei singoli, delle masse subalterne e delle classi dirigenti (anche se questi hanno sempre responsabilità prevalenti ed enormi). Ci stiamo riferendo alla degenerazione della dialettica degli opposti, cioè in definitiva a qualcosa di ontologico che riguarda l’essere sociale dei nostri tempi.

LA DECADENZA E LA CRISI DEGLI OPPOSTI

Se noi osserviamo la storia della filosofia noteremo che esistono due paradigmi con valore sia epistemologico (la ricerca e il metodo della conoscenza) che ontologico ( struttura profonda della realtà) rispetto alla teoria degli opposti. Una, elaborata da Eraclito, è già di per se una spiegazione formidabile della irrazionalità (conflittualità) presente a tutti i livelli di tutto ciò che esiste: animato o inanimato, nel più grande (universo) o nel più piccolo. Tutto ciò che esiste è generato (e alla fine portato alla sua stessa autodistruzione) dalla compresenza di due opposti: la totalità identitaria sintetica e convergente, le parti componenti e divergenti. Queste implodendo avranno sempre l’ultima sempre parola: la forma unitaria eterna non esiste, se non forse, nelle particelle più piccole della materia. (quanti) Questo sia all’interno che all’esterno, il contesto (ma già interno ed esterno sono di per se stessi due poli opposti). Abbiamo così da una parte l’identità originaria, la sintesi che vorrebbe mantenere a tutti i costi la sua unità costituente, dall’altra le componenti specifiche che vorrebbero rivendicare la loro particolare e disgregante autonomia. Queste polarità hanno una energia e una tensione ora convergente ora divergente, con un significato che può essere positivo o negativo per entrambi. Alla fine potremmo trovare molte polarità che si alleano o confliggono nel corso di una tensione e pressione che ora porta, fino a un certo punto, al loro sviluppo, ora al loro inevitabile logoramento e infine all’inesorabile sfilacciamento finale. Pertanto ora si attraggono, ora si respingono, ora prevale uno piuttosto che l’altro, ma sono sempre compresenti e compenetrati. La vera armonia, che è una finta armonia, è solo un conflitto ridotto al minimo, quando i due opposti oscillano più o meno alla pari. Pertanto la ricerca di questa parità non persegue uno spirito di mediazione filisteo, becero e centrista, ma rappresenta la vera razionalità sia pure relativa, che non può eliminare il conflitto, ma cerca di sedarlo e positivizzarlo. Purtroppo il proletariato nella versione comunista, non ha cercato una parità relativa col padronato, ma ha cercato di eliminarlo, ritrovandoselo dopo camuffato in altre forme ben più gravi: i dirigenti comunisti peggio dei padroni. Oggi il femminismo cercherebbe la parità, ma a parte il fatto che almeno da noi purtroppo non l’ha ancora raggiunta, c’è da chiedersi se la sua politica culturale sovrastrutturale sia veramente coerente con questo programma. Quando attacca la virilità a spada tratta non cerca la parità col maschio, ma semplicemente di farlo fuori. Il tentativo di trasformare gli uomini in chierichetti ci riporta alle crociate moraliste dei parroci di una volta. La situazione si fa grave quando uno dei due poli riduce al minimo l’altro fino al punto di farlo quasi sparire. A questo punto sorgono gravi problemi interpretativi soprattutto in riferimento a vicende storiche enormi. Sembrerebbe che gli opposti non scompaiono mai del tutto; anche se lo sconfitto sembra scomparire del tutto, in realtà una piccola parte resta all’interno del vincitore. Questo può essere vero dal punto di vista concettuale che può formalmente esprimere ciò che vuole, inoltre essendo un ente di ragione è virtualmente eterno come il pensiero. Da un punto di vista concreto e realmente ontologico, le cose non sembrano stare così; anche gli opposti incarnati storicamente spariscono, seguendo il destino nichilista di tutte le forme. Per esempio la classe feudale è sparita quasi dappertutto. Esistono però degli opposti che sono effettivamente eterni sia dal punto di vista concettuale che ontologico. Sembrava che maschio e femmina fossero di questo tipo. Oggi però non è più così: adesso si chiamano odiose differenze di genere e così stanno pensando di farle sparire, al punto che cancellano persino i simboli dai gabinetti. Un esempio forse più valido è rappresentato dai dirigenti e dai diretti. Questi due polarità esiteranno sempre e così le forme di potere sulle quali si fondano; il problema è di renderle le più accettabili possibile e avvicinarsi alla parità, o almeno a una disparità non troppo grande. A questo livello il problema dei poli smette di essere astratto: si gioca tutto sui rapporti di forza reali e sulle soluzioni concrete possibili. Soprattutto nella storia a partire dalla rivoluzione francese si è posto il problema di una alternanza rivoluzionaria della classe sfruttata rispetto a quella dominante. Quando uno dei due opposti prevale troppo sull’altro si crea una forma di ingiustizia, soprattuto uno squilibrio irrazionale, come quando il peso di una barca, sbandando troppo da una parte, prima o poi la farà affondare. Questo fu l’errore fatto da Robespierre ma anche da Marx, che invece avrebbe dovuto imparare sia da lui, sia da una comprensione più profonda di Eraclito, che amava particolarmente. Invece cadde nell’incredibile trappola di pensare che una volta fatta fuori la classe borghese (ossia eliminato uno degli opposti) il problema dirigenti-diretti si sarebbe risolto e ridimensionato quasi automaticamente; invece, come ben sappiamo, finì nel peggiore dei modi. Questo lo aveva capito Saint Simon che voleva quasi una parità tra ingegneri e operai. L’idea era giusta, a parte l’utopia di scambiare gli ingegneri per la classe effettivamente padronale detentrice del potere. Insomma la parità relativa ipotetica tra i due poli resta il paradigma migliore da favorire finché le condizioni lo permettono. Vale per esempio per tutti i rapporti empatici e dove si instaura una forma di collaborazione: matrimonio, amore, amicizia, parentela ett. Oggi in particolar modo dovrebbe essere così tra i due sessi. Ma è veramente questo che vogliono le femministe?Oppure applicando Marx al sesso, vogliono semplicemente vendicarsi della vecchia classe padronal-sessuale maschile? Peccato che così facendo, in nome di autonomia totale raggiunta dovunque, anche in fatto di sesso, uno dei due poli che rischia di sparire è proprio… il pene. Così la invasione pubblicitaria consumista di vibratore di tutti i tipi, non è solo la solita trovata mercantilista o un semplice aiuto alla solitudine femminile: è l’ennesima crociata femminista (becera) per distruggere l’idea stessa di virilità, rappresentata da un bel cazzo turgido e carnoso. Tornando alla collaborazione paritaria tre due poli la troviamo sul lavoro, nel rapporto docente discente, in democrazia almeno un po tra governo e opposizione. Certo non la possiamo trovare dove vige una forte competizione come nello sport o nel pieno della campagna elettorale. Ieri la vittoria spettava alla parte dell’opposto più autoritario e tradizionale nel senso peggiore: ma oggi la positività vincente degli opposti più trasgressivi è in parte apparente. La componente negativa non vista è molto pericolosa. In realtà confluisce verso una confusione totale rispetto a ciò che è veramente razionale: cioè ancora una volta, un tentativo di sintesi degli opposti e non la vittoria di uno solo. Anche Hegel con la sua famosa teoria della triade dialettica (tesi-antitesi- sintesi) in realtà continuava a propugnare non la fine o il superamento degli opposti ma al contrario una specie di parità evoluzionistica che progrediva all’infinito. Intanto perché l’antitesi era il vero baricentro e il fattore più importante; infine perché la sintesi era si l’unione degli opposti, ma non la loro soppressione. Semplicemente il loro livello qualitativo si spostava più in alto. Soprattutto questa tornava a sdoppiarsi in tesi e antitesi nel senso di un continuo avvicinamento tra i due: questi però non sarebbero mai confluiti l’uno nell’altro fino a sparire.

Aristotele cercò, elaborando il suo famoso PNC, di regolamentare il conflitto dei due poli, ma si guardò bene dal negarlo, anzi lo confermò, però in una versione più ottimista e propositiva. Eraclito infatti ci dava una spiegazione formidabile della irrazionalità che pervade il mondo come destino, in base alla quantità enorme di conflitti che ingloba tutto l’esistente. In queso senso è stato veramente uno dei più grandi rappresentanti dello spirito tragico che ha pervaso la mentalità greca. Ora gli opposti saranno anche un assoluto, ma è un strano assoluto, in quanto la loro lotta è frutto di relativizzazione permanente e soprattutto di una prospettiva conoscitiva che deve per forza tener conto di entrambi i poli. Per lui bene e male, verità e falsità, realtà e illusione ettc già sono drammaticamente e ambiguamente mescolati e in più in lotta permanente per la supremazia (sempre provvisoria e relativa). Aristotele invece regolamentando gli opposti pensava di salvare sia il piano della conoscenza (che tornava ad essere assoluta) sia quello della realtà diventata nuovamente “ontologicamente razionale”. Nel primo caso non era facile stabilire per esempio la vittoria incerta di un pugile ai punti; nel secondo magari si, peccato che si trattava sempre di cazzotti, cioè di un conflitto non propriamente razionale. Come dire, forse gli opposti si possono anche regolamentare e separare, ma il conflitto resta con tutta la sua carica eversiva. Tutto questo per ribadire ancora una volta, che quel poco di razionalità che sta a questo mondo, non sta nell’incendiare il conflitto, dove è possibile, ma nel trovare tra i due una tensione minima alla pari. Ma se questo non è possibile la rivoluzione diventa un diritto dell’umanità oppressa. La vittoria esagerata di uno dei due non elimina la irrazionalità ma la aumenta. Accadeva ieri col versante fortemente di destra, accade oggi con la polarità di pseudo sinistra, quello che prima o poi tornerà a far vincere la destra alla grande.

Tutto questo bel discorso messo su di un piano formale può essere molto interessante a livello di storia della filosofia, ma il suo vero senso sta nel suo concretizzarsi a livello storico e sociologico.

LA FINE DELLA DIALETTICA TRA I DUE POLI USA-URSS

In realtà io penso che dopo il crollo dell’Unione Sovietica, la storia lungi dal migliorare con la morte tanto agognata del mostro e del male assoluto, abbia subito un decorso di involuzione semplicemente pazzesco. Forse perché di mostri non ce n’era uno solo, ma due; e l’altro, quando è rimasto solo, si è gonfiato, insomma ha preso il posto del caro estinto e ha fatto del mondo quello che ha voluto (vedi globalizzazione ectt). Incredibilmente in base alla divisione dei poteri, due mostri sono meglio di uno solo: mentre si azzuffano a volte i piccoli riescono a sgattaiolare.

Il fatto è che dopo la seconda guerra mondiale e nonostante la guerra fredda il mondo, forse per la prima volta nella storia, si era diviso in base a una ben chiara polarità ideologica in cui ciascuno rivendicava per se il paradiso in terra e viceversa rinfacciava all’altro l’inferno. Stiamo quindi parlando di due poli opposti il cui scontro ha caratterizzato un’epoca intera. Ora quella polarità pseudo-moralistica, nonostante la sua illusorietà meramente propagandistica, faceva molto bene al mondo: il quale mondo senza il gioco di queste belle statuine sarebbe sprofondato in un becero nichilismo cinico proprio come accade adesso, quando la scena della commedia è rimasta vuota. La contrapposizione visionaria tra queste due concezioni del mondo, è stata una cosa benefica anche se era solo una allucinazione di massa.

Tuttavia questa illusione nel suo aspetto ideale, anche se contraddetto super tragicamente dai fatti di entrambi, li spingeva a esaltare dei valori che esorbitavano dal puro contrasto e dal massacro reciproco. C’era un paravento, un siparietto che non si riduceva all’imperialismo territoriale dell’orso russo e a quello finanziario dello zio caimano americano (come lo chiamano in sud America). Il mondo comunista sul piano concreto aveva ben poco da offrire sul piatto. Eppure su un piano ideale aveva un residuo umanistico di vecchio stampo, certo piccolo, ambiguo e contraddetto dai fatti, il quale però si agganciava con tutte le doti e soprattutto le sofferenze del popolo oppresso e lavoratore. In questo modo si offriva alla speranza che prima o poi ci sarebbe stato un mutamento reale proprio riscoprendo e valorizzando quello stesso umanesimo. Anche gli Usa proponevano un umanesimo fondato principalmente sul valore della libertà; ma già il culto della novità tecnologica a tutti i costi faceva intravvedere, dietro al paradiso consumistico, una crisi nichilista ancora più radicale. L’umanesimo sovietico non è morto nei campi di concentramento o dopo la tragedia della rivolta di Budapest, è morto definitivamente a Chernobil quando tutti hanno capito che era la stessa cosa del peggior capitalismo. Ma l’umanesimo americano era già morto virtualmente molto prima, ossia dopo la esplosione delle due bombe atomiche in Giappone. Tuttavia la dialettica di quei due poli sortiva una una speranza, magari inconscia che il mondo potesse migliorare se finalmente si fossero incontrati e accordati a metà strada. Questo non è accaduto principalmente per colpa degli americani, semplicemente perché erano i più forti; man mano che questo emergeva, spariva rapidamente ogni ipotesi di riavvicinamento. Oggi questo tipo di dialettica, ossia la speranza di un incontro tra due mondi completamente diversi, è sparito del tutto. Urss e Cina nel frattempo sono diventati capitalisti e adesso non c’è più una contrapposizione (per quanto contraffatta) tra modelli diversi, ma una competizione a senso unico, tutti nella stessa direzione, un percorso sul quale l’umanità non ha più alcuna fiducia ma che rischia di diventare sempre più feroce. Prima c’era la speranza che anche il comunismo piano piano prendesse finalmente una strada positiva. In fondo anche il capitalismo all’inizio era orribile, e ci ha messo duecento anni per mostrare, si fa per dire , il suo volto umano. Ma quando questa evoluzione stava per accadere sul serio, ossia con l’avvento di Gorbaciov, gli Usa hanno fatto certe false per farlo crollare del tutto. Forse per lei un modello socialdemocratico sostituivo del comunismo e finalmente in grado di salvare il paese e di reggere il confronto, sarebbe stato ancora più pericoloso. A questo punto il mondo ha subito uno scossone terribile, ben più grave di quello che ci si potesse immaginare e di quello che ancora oggi è stato valutato. Se veramente il mondo dovesse crollare è stato perché all’Urss, una paese che per sconfiggere Hitler aveva perso milioni e milioni di vittime, non è stato dato il tempo e l’opportunità di risorgere dalle sue ceneri in senso socialista e democratico. Ovviamente questo non poteva accadere: gli americani, voglio dire quelli che hanno fatto cadere due bombe atomiche sul popolo giapponese, già vinto militarmente, non potevano non dare il colpo di grazia anche al popolo russo. Ma se fosse accaduto il contrario, sarebbe stato un colpo di genio pazzesco e forse avrebbero salvato l’umanità. Nel giro di pochi decenni tutti hanno capito che la contrapposizione tra ricchi e poveri era finita per sempre e Robin Hood ( pur con la terrificante maschera di Stalin) se ne tornava per sempre nella foresta dei sogni romantici. Certo anche i dirigenti post-comunisti, gettata la maschera populista, hanno mostrato il loro vero volto di squali, alla stregua dei famosi finanzieri capitalisti. Ma adesso nell’acquario del mondo sono rimasti solo questi pescecani tutti al servizio del profitto; la povera Greta, e noi tutti con lei, ci aspettiamo da questa gente, un ravvedimento in realtà alquanto improbabile. Oggi a difendere, si fa per dire, gli ultimi è rimasto Papa Francesco, che però ha in mente di trasformare l’europa in un diffuso meticciato. Prima lo slogan era: proletari atei di tutto il mondo unitevi (restando a casa vostra però, secondo la propria via nazionale al comunismo) Adesso è: sottoproletari religiosi del terzo mondo venite tutti in Europa e principalmente in Italia. Bisogna essere ciechi per non vedere che razza di arretramento sta in tutto questo. Quindi il grande paradosso consiste in questo: nonostante che effettivamente l’URSS rappresentasse un sistema gravemente autoritario, di tipo inquisitorio terroristico e con una forte irrazionalità economica (i due principali fattori che l’hanno fatto crollare) ebbene provocava lo stesso, con la sua semplice esistenza, dei fattori straordinariamente positivi di tipo oggettivo, che andavano ben oltre i sui difetti e crimini ideologici:

– aveva contribuito a consolidare per metà un nuovo equilibrio mondiale la cui realizzazione era costata 100 milioni di morti. Seguendo il paradigma del grande gioco, la politica mondiale è come una scacchiera: ogni volta che si mangia una pedina l’avversario ruba al nemico un nazione, naturalmente di solito con milioni di morti. E’ quello che è accaduto durante la guerra fredda ma in un modo relativamente controllato per non far saltare tutti gli equilibri. Figuriamoci cosa succede se si sfascia tutta la scacchiera in un colpo solo. Così fu con il crollo repentino dell’Urss provocato forse in modo assai vendicativo e maldestro dagli Usa. Tanto è vero che poi hanno pagato per primi l’immane squilibrio che ne è derivato. Per la prima volta nella loro storia hanno subito un bombardamento sul loro suolo, e recentemente hanno assistito a un tentativo di colpo di stato: mai l’impero e quella strana democrazia erano caduti così in basso. La verità è che da allora il mondo attende ancora un consolidamento di un equilibrio che sembra ben lungi dal realizzarsi.

– la stessa URSS non solo creava conflitto con gli Usa, ma anche collaborava al mantenimento di questo ordine mondiale, proprio perché in realtà “apparentemente” non avrebbe dovuto essere interesse di nessuno sfasciarlo. La qual cosa invece hanno fatto gli americani appena si è presentata l’occasione. Ora tra Usa e gli altri attuali competitor (Cina e Urss) esiste un conflitto tra simili molto più aggressivo e preoccupante che ai vecchi tempi, quando rivendicavano una diversità totale. Infatti adesso il conflitto non è più ideologico ma soprattutto economico, non è più tra diversi ma tra uguali. La competizione economica non può fermarsi e tende inesorabilmente verso la guerra; il conflitto tra uguali si basa solo sulla forza e il più forte economico vincerà anche sul piano militare: almeno ci proverà. Certo non è veramente pensabile che siano così pazzi da scatenare una guerra, ma si creeranno delle tensioni micidiali che prima venivano ammortizzare più facilmente.

Abbiamo assistito alla fine definitiva del profetismo e messianesimo comunista; ma subito dopo è stata la volta di quello capitalista, appunto perché tutti hanno visto e toccato con mano, che il mondo lungi dal migliorare era invece di molto peggiorato. Il crollo improvviso di questo equilibrio decennale, ha generato nel mondo un effetto di regressione e di sbandamento totale (la globalizzazione e la società fluida post moderna). Così incredibilmente si è creata quasi l’attesa della fine del mondo (ma era già successo con la prima e la seconda guerra mondiale). In tal modo per molti, la fine del vecchio racconto storico, coincideva addirittura con la fine della storia. Solo in un periodo in cui tutte le certezze sono crollate ci possono essere tipi così assurdi, come quelli che pensano che la terra sia piatta o i no vax, i pellegrinaggi farlocchi a Medjugorje o le sette sataniche. Tutti i poteri sono stati delegittimati; solo la chiesa resiste incredibilmente, nonostante le migliaia di preti pedofili sparsi per il mondo; ma questo riconferma la ricaduta nel medioevo, che a quanto pare è per lei l’epoca più congeniale. Il bisogno disperato di una fede a tutti i costi, impedisce di vedere alla gente la terribile realtà di ieri, di oggi, di sempre. Infatti è da sempre che la terribile corruzione morale e politica della chiesa è intollerabile, andando ben oltre gli aspetti postivi che pur ci sono, ma che servono appunto per coprire glissare sugli aspetti immondi: ci si è accorti che i comunisti, pur con tutte le loro gravissime malefatte, non mangiavano i bambini, i preti invece si. Ieri i pedofili venivano semplicemente nascosti, oggi sono, devono essere perdonati. Sembra che Lutero di sto ambaradan se ne fosse già accorto 600anni fa ! Ma gli Italiani imperturbabili si sa, sono stati vaccinati fin da piccini contro il coronachiesa! Si è creata una specie di diabollè, di grande confusione, dove tutto si è rovesciato quasi per moto proprio, creando alla fine non una rivoluzione, ma una subdola controrivoluzione, dove tutte le polarità, sarà per correlazione o forse per un determinismo difficile da interpretare, si sono scombussolate nel modo sbagliato. Sicuramente lo erano anche prima, in modo disastrosamente sbilanciato a destra, ma adesso questo sbilanciamento è accaduto in un modo di (pseudo) sinistra che rivendica chissà quale miglioramento; mentre non è nato un nuovo equilibrio, bensì un nuovo squilibrio. Così si è creato un enorme vuoto che è stato riempito da:

– la follia dei media i quali, un po perché non sanno cosa dire, molto perché fanno tutt’uno con i bisogni dei potenti e il plagio conformista delle masse, ripetono e ribadiscono ossessivamente tutti i santi giorni la stessa cosa: migranti, migranti, differenze differenze, inclusione inclusione ettc. Ma non può essere, visto che stiamo parlando di polarità, che gli stranieri siano più importanti dei locali; che le minoranze siano più importanti della maggioranza, che la inclusione eviti qualsiasi forma di esclusione, autoridicolizzandosi da sola nel suo estremismo e fanatismo moralista. Draghi facendo riferimento alla solita inclusione sbandierata ai quattro venti ha detto: salveremo tutti, non lasceremo indietro nessuno. Intanto chissà quante famiglie rischiano di restare senza luce e riscaldamento. Intendiamoci: certamente le differenze e le minoranze vanno salvaguardate anche in modo importante, ma non vanno esaltate e tanto meno sopravalutate come se fossero più importanti della maggioranza.Ripeto: parlano sempre di inclusione e intanto sono riusciti ad escludere dalla democrazia la maggioranza dei votanti. Che schifo sinceramente! Ah ecco finalmente dove sta la vera esclusione!

– il ritorno del cristianesimo che predica la salvezza degli ultimi generalizzata, ma solo come trasbordo da un continente a un altro, o come esaltazione e trasformazione dei disabili nei nuovi super uomini. Più sono smembrati e più sono felici e titanici…Se esaltiamo il corpo dei disabili a maggior ragione esalteremo quello dei normali e ancor più quelli belli, ma non quelli palestrati o il pseudo erotismo pubblicitario. Esaltando queste situazione estreme il polo della normalità di massa sparisce. Cosa dovrebbe fare uno che si sente depresso con tutti gli arti? Le paraolimpiadi?

l’alleanza cristiana (e viceversa) con la filosofia delle differenze. Ecco la pseudo rivoluzione che dopo aver perso il contatto con qualsiasi maggioranza rivoluzionaria vera (tanto è vero che oggi in Italia la maggioranza straincazzata di tutto non vota nemmeno…) pensa di fare la somma di tutti i gruppi particolari senza vagliare veramente la loro posizione ideologica, la compra e difende a scatola chiusa, strombazzando il politicamente corretto a tutto spiano. E’ chiaro che in particolare qui i diversi sono soprattutto i disabili e gli ultimi intesi come migranti. Vedere che esistono disabili felici (soprattutto in televisione) è forse l’ultima consolazione da parte di chi nella crisi economica attuale ha perso tutto (stiamo parlando di milioni di persone)

– la filosofia delle differenze vera e propria: questo è purtroppo il patrimonio pseudo conoscitivo di quello che resta della sinistra. Ma a dire il vero sembra che appartenga a tutto lo schieramento politico e culturale; e già questo avrà pure un significato. Se tutti sono d’accordo, anche i padroni, allora vuol dire che qualcosa non va. Sono sconvolti se una donna si prende un piccolo sculaccione sul sedere ( ovvio che è una cosa grave; ma relativamente grave: la cosa veramente mostruosa è quando le violentano o le ammazzano). Voglio dire manteniamo per piacere il senso delle cose. Intanto però un’altra strage ancora più grande è quella degli operai a conferma che dovrebbe ritornare un partito che li difende a muso duro…e invece. Tutti dimenticano che la filosofia delle differenze incominciata con Foucault, partiva dal doppio presupposto della scomparsa della lotta di classe e della morte non solo di Dio (che può starci) ma dello stesso soggetto (ma allora la liberazione dove sta?). A questo punto riuniamo tutti gli scontenti della terra, senza un vero programma, senza un vero partito, e facciamo un bel frullato. Dopo di che politicamente tutto resta come prima, soprattutto i governi.

– la società fluida e la libertà assoluta: anche la società fluida di Baumman prevede la scomparsa di tutte le categorie precedenti in nome della più grande fluidità e libertà. In un mondo che non ha più certezze si naviga a vista su tutto, pronti persino a diventare i camaleonti (sessuali) del cambiamento a proprio piacimento. Esistono certi animali (non certo la maggioranza) che cambiano sesso da un momento all’altro, ed evidentemente questo sta diventando il modello vincente. Avrà forse delle contro indicazioni che in questo momento non riusciamo nemmeno a vedere? C’è chi dice che a questo mondo non c’è nessuna libertà; e chi invece dice che può prendersela tutta… Nessuno vede che tutto questo assomiglia al paese dei balocchi (borghese) tipico di una società che ha scambiato la propria disgregazione e anomia per la realizzazione suprema.

Il fatto è che è successo qualcosa di addirittura ontologico rispetto all’aggravarsi della dimensione irrazionale. Non c’è più solo il soggettivo malato nel grande duello che coinvolge il destino personale e la crisi della civiltà. E’ un problema che riguarda gli opposti e quindi va addirittura al di la di quella coppia originaria razionale – irrazionale: è sempre stata una faccenda ideologica ma adesso è diventata strutturale all’interno…della sovrastruttura.

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LA DIALETTICA DEGENERATIVA DEGLI OPPOSTI

Abbiamo già parlato della prima coppia di opposti (USA-URSS) che aveva caratterizzato la guerra fredda, e il cui crollo ha provocato o almeno anticipato la crisi di molti altri, ma senza portare a un mutamento positivo verso una parità, bensì un’altra forma di sbilanciamento, che abbiamo definito una controrivoluzione di pseudo sinistra. Lo potremmo anche chiamare una forma di razzismo alla rovescia. E’ una forma di delirio ideologico che dice di ascoltare i diversi ma non ascolta la ragione. Una volta ho chiesto a un ragazzo di sinistra: Senti, mettiamo che stai per sposarti e chiedi una casa al comune, ma vedi che sei sopravanzato da extra comunitari e non puoi più sposarti, saresti contento allora? Risposta; ma certo che si, e naturalmente chi non fosse d’accordo con me (col mio masochismo…) è fascista etcc.Anche ai migranti va data la casa, ma entro limiti ragionevoli, è chiaro che i locali vanno preferiti.

-MONDO REALE E MONDO VIRTUALE. Oggi nel mondo, per una certa parte importante di società (soprattutto il mondo giovanile) non esiste più una contrapposizione tra realtà e mondo virtuale (immaginifico visionario) ma la netta prevalenza di un mondo virtuale (tecnologico). Per fortuna non è ancora una prevalenza assoluta, perché se fosse veramente così i nostri ragazzi sarebbero ormai completamente impazziti. Resta il fatto, questo è il punto, che nessuno vuole o è in grado di fermare tutte le schifezze psicologicamente regressive, che la società capitalista ci propone a spada tratta. C’è solo il bla bla e a volte neanche quello. Si è ricreata in un certo senso (ecco l’accostamento e la comparazione che noi cerchiamo sempre di fare, tra il mondo più antico e quello più moderno) quello che accadeva nel mito: ossia ieri la vera realtà era il vissuto virtuale di un mondo magico animistico, oggi la grande abbuffata della immagine ipostatizzata tecnologicamente. Nel mondo mitico la distinzione tra interno esterno, soggetto oggetto non esisteva ancora, questo a favore di una creazione e produttività mentale puramente fantastica. Ma quello che ieri si svolgeva soprattutto grazie a individui considerati eccezionali, ossia gli sciamani, adesso avviene grazie a prodigi tecnologici. Come dire: ieri l’uomo era almeno prigioniero dei propri prodotti mentali; oggi è prigioniero di macchine che creano una forma di mondo fantasmatico che non ha nessun rapporto di spontaneità vera col vissuto e la creatività del soggetto. Io trovo tutto questo semplicemente orripilante. E’ vero che noi viviamo per lo più in una dimensione psicologica idealistica e virtuale; ma questo va interpretato nel senso negativo di una falsa onnipotenza: vediamo il mondo come vorremmo che fosse (e non è) oppure lo subiamo passivamente quando basterebbe cambiare prospettiva. Resta il fatto che più ci si allontana dalla realtà più si va verso la follia.

-GENITORI E FIGLI. Un’ altra polarità che si è sfalsata è quella tra genitori e figli. Prima nella società patriarcale sotto la dittatura dei genitori e soprattutto del padre, era una tragedia nera. Era veramente difficile cogliere aspetti positivi, pagati comunque a caro prezzo. Oggi invece, nonostante la crisi della famiglia, si notano molti aspetti positivi innegabili. Eppure, come molti filosofi ed educatori hanno fatto notare (in primis Galimberti), quasi quasi sono i figli a comandare sbilanciando gravemente il rapporto. Non è vero che l’errore sta nel fatto che i genitori sono diventati amici; se fossero dei veri amici, e se si comportassero come tali, prima di tutto direbbero la verità, infine in certi momenti saprebbero comportarsi anche con la dovuta durezza. Un amico che ti asseconda sempre oppure che non ti sprona e ti scrolla, se occorre, non è veramente tale. Il problema è che sono dei falsi amici o degli amici pusillanimi e sciocchi: sono dei falsi genitori, degli yes man di fronte ai figli che hanno sempre ragione. Infatti ritrovano la durezza, ora verbale sconsiderata ora addirittura ricorrendo alla violenza fisica, quando si trovano a trattare con i poveri professori che più di tutti pagano il prezzo di questo squilibrio. Naturalmente lo pagano anche i ragazzi: si salvano solo quelli che per fortuna hanno avuto dei genitori in gamba. Questi di solito fanno l’Erasmus e hanno la forza e l’autonomia di andare all’estero. Gli altri, che oltre tutto hanno avuto dei genitori dispregiatori dello studio e dei professori, a scuola fanno il diavolo a quattro, tanto come a casa non sono mai puniti. Anzi sono seguiti e protetti ancora di più, secondo una falsariga tipicamente italiana, tale per cui, più ne combini e più sei premiato. Non studiano e abbandonano lo studio, ma soprattutto non fanno studiare gli altri. La colpa di tutto questo è naturalmente sempre degli insegnanti. Si crea così la tendenza innegabile verso una scuola sempre più facile che temprerà sempre di meno i ragazzi alle difficoltà della vita. Abbiamo così una famiglia troppo protetta, a scuola idem, mentre al di fuori di questi cerchi magici, regna sempre la spietata lotta darwiniana.

E’ stato il crollo della famiglia, e poi delle altre istituzioni, che all’interno del decadimento di tutti i collanti sociali ( e relativi valori) ha portato a:

-individualismo e conformismo esasperato, – tale per cui gli unici valori (disvalori) sono appunto il mito dell’apparire e la falsa gratificazione all’interno del consumismo.

. Questa è tre volte sbagliata:non gratifica sul serio e lascia insoddisfatti-genera dipendenza- crea una visione fuorviante e sbagliata del mondo. Ma come può la famiglia reagire se i genitori sono sempre al lavoro e quando tornano a casa trovano i figli ipnotizzati e instupiditi dalla televisione?

– infine il mito di tutti i miti: ossia che l’attuale società vive in una dimensione di mutamento totale dando la incredibile illusione tossica, che questo sia il corrispettivo di un principio di libertà assoluta. Invece tutto ciò è dovuto al bisogno capitalista di ricreare continuamente bisogni artefatti e condizioni di lavoro confacenti alla idolatria del profitto. Queste si definiscono variabili, flessibili ma in realtà sono solo precarie confermandoil progressivo smantellamento del sindacato.Tutto questo corrisponde anche alla società liquida e postmoderna. Eppure su questo io ho sempre avuto un gran dubbio. Quando Baumman parla della sua società liquida, non mi sembra che la presenti come una novità esaltante, ma come un male oscuro e ormai inevitabile; eppure molti continuano a scambiarla per il trionfo della postmodernità. E’ invece con tutta evidenza, una delle analisi più profonde e dettagliate, come esempio di totalità sociale negativa: questa ha molti aspetti negativi, ma alla fine si riassumono tutti nel fatto che si scambia appunto la fluidità (o meglio instabilità?) di tutti i processi sociali (strutturali e sovrastrutturali) come espressione valoriale di libertà; è invece il crollo di tutti i valori, di tutte le categorie, e in mancanza di ogni controllo comporta la perdita di ogni limite e di ogni moderazione. E’ dunque il trionfo della diabollè, la confusione totale, dove i poli dialettici o sono spariti del tutto (come nel caso della sessualità) o si sono rovesciati spostando semplicemente la irrazionalità e conflittualità da un polo a un altro. La vera ricerca della “parità relativa” non è affatto una forma di moderatismo borghese, ma lo ripetiamo, l’unico modo per cercare almeno di avvicinarci alla razionalità. La prima dimensione in cui l’individuo risulta abbandonato a se stesso e quindi senza limiti di sorta, è proprio la famiglia. Non è affatto una vera libertà conquistata con il sacrificio e la lotta, ma uno stato di abbandono indefinito, non è un pieno ma un vuoto, destinato a fomentare e coltivare la classica onnipotenza fantasmatica infantile. Questo con l’aggravante che l’unico progetto educativo (si fa per dire) resta la imitazione e gratificazione artificiale proposta dalla televisione, quest’ultima ovviamente sempre in perenne cambiamento e confusione di modelli. Oppure, soprattutto in Italia, oltre a rinforzo della televisione, resta la parrocchia e la eterna egemonia culturale della chiesa. Ossia uno dei fattori mediatici che ha permesso alla DC di vincere per tanti decenni, alla pseudo sinistra di sopravvivere da quando ultimamente si è spostata, sciaguratamente, sulle sue posizioni. A dirla tutta , una volta c’era anche la vasta influenza culturale del PCI, ma anche quella non era altro che una forma mascherata di teologia e teocrazia di stampo religioso mitologico: e infatti al momento del disastro, ci ha messo due secondi a calarsi e nascondersi sotto le gonne dei preti. Hanno smesso di essere diacronici e sono diventati di colpo sincronici. Insomma è questo il fattore misterioso, che da sempre fa recedere l’orologio della povera Italia in dietro nel tempo, anche se per fortuna qualche volta non ci riesce. Una volta gli omosessuali li bruciavano col fuoco o con lo stigma sociale; adesso li benedicono di acqua santa, ma solo se sono fedeli naturalmente.

Di fatto la società italiana non fa niente per aiutare la famiglia, ne a fare figli ne a educarli.

Quante volte ho sentito parlare di paletti al posto delle vecchie punizioni ; eppure non ho mai trovato nessuno che mi ha spiegato cosa sono veramente questi paletti. Una cosa è sicura: se il ragazzo che sbaglia non paga un prezzo, non soffre per il suo comportamento sbagliato, non prenderà nemmeno consapevolezza di quello che ha fatto veramente. Posso citare una situazione paradossale: una volta un ragazzo mi ha detto, testuali parole:- Ho aspettato tutta la vita (è un modo di dire) una sberla che non è mai arrivata.

– DOCENTI DISCENTI: dopo la famiglia non poteva che toccare alla scuola. Fino al 68 nella scuola, come emanazione della società patriarcale, tutto giocava a favore dei professori. Solo i presidi avevano, anche a quei tempi, un ruolo censorio di difesa a oltranza della linea politica-didattica, ora monarchica, ora fascista, ora democristiana (adesso naturalmente a favore del politicamente corretto). A quei tempi se i ragazzi non studiavano o si comportavano male le prendevano dai genitori. Naturalmente questo era spesso detestabile (sempre?); ma oggi sembra che non aver voglia di studiare o comportarsi male, sia quasi quasi un diritto dei ragazzi. Questo soprattutto dopo che certi famigerati film, esaltavano come vanagloriosi , proprio i peggiori comportamenti derisori e trasgressivi degli studenti. Infatti la pedagogia moderna ha stabilito che la colpa è sempre dei professori non autorevoli e incompetenti. Il fatto è che ci si dimentica che, se non c’è una minima predisposizione ad apprendere e a cambiar comportamento, io posso anche tentare tutte le strategie possibili, non si tira fuori un ragno dal buco. Non è col volontarismo o con la ingegneria pedagogica che si salva chi ha già deciso che la scuola è un inferno e farà di tutto per rifiutarla e scappare. Sempre che non esistano professori i quali , per la personalità straordinaria e il metodo pedagogico eccelso, quasi come sciamani didattici, non riescano a compiere il miracolo. Tutti i docenti sono tenuti a compiere il miracolo, sono pagati per questo! Ossia quello di avere la moglie ubriaca e la botte piena. Il che significa ottimizzare tutte le fasce compresa quella più bassa ( ma a volte anche quella più alta è la più maleducata) particolarmente virulenta e resistente all’apprendimento e alla educazione secondo criteri minimamente accettabili. Questi professori taumaturgici io non li ho mai incontrati se non in famosi film del cazzo. Per quanto mi riguarda ho sempre avuto buoni risultati con tutte le fasce tranne che con gli sfascisti a oltranza. In realtà troppo spesso i professori lavorano in condizioni proibitive e con lo stipendio più basso d’europa. Tutti sanno che è così ma su questo vige la congiura del silenzio:

– incredibilmente i primi a farlo sono gli stessi professori: pochissimi avranno il coraggio di dire che in classe c’è il pandemonio, con enorme sacrifico personale e scarsissimi risultati su tutta la linea. I pochi che lo fanno scoperchiando il pentolone, si espongono a rischi gravi: quello di diventare i capri espiatori, gli incapaci e gli inetti che si sono smascherati da soli. Se qualcuno avrà coraggio di parlare gli altri colleghi negheranno, mentendo spudoratamente: in questo modo risulterà l’unico responsabile, per acclamazione popolare e con gran soddisfazione del preside. La scuola non si basa affatto sui risultati ma sulla ipocrisia della ideologia dominante dei presidi e sulla acquiescenza conformista dei professori già vinti e omologati. Non importa se ai figli irresponsabili corrispondono ai genitori ipercritici, nella scuola da tempo il cliente ha sempre ragione.

– i genitori non direttamente interessati, o per menefreghismo, o per ignoranza e viltà, faranno come le tre scimmiette. Oppure sono d’accordo sul fatto di tollerare che poche situazioni estreme possano rovinare una classe intera: e se capitasse al loro figliolo di trovarsi improvvisamente in tali circostanze? Lo difenderebbero anche loro a spada tratta come fanno ovviamente quelli già coinvolti. Sono solidali tra di loro in modo sciocco e corporativo e non su come dovrebbe funzionare veramente una scuola: cioè come una vera comunità che salva una maggioranza e non insegue una minoranza irriducibile. Infine se ci fosse qualche sparuto genitore che finalmente avesse capito che sono i professori da aiutare e non da condannare troppo facilmente, ebbene anche questi ben presto si ritirerebbero in buon ordine, comprendendo amaramente, che contro un muro di gomma e di ipocrisia la battaglia è già persa in partenza.

Infatti bastano pochi ragazzi terribili ( a volte uno solo) per destabilizzare una classe intera e rendere molto difficoltoso il lavoro e e ovviamente il rendimento generale. Quindi dai professori e dalle tecniche pedagogiche le più disparate, si richiede una specie di miracolo che ben pochi sono in grado di realizzare: personalmente non ne ho conosciuto nessuno. In realtà è tutto il contesto generale che non aiuta. Infatti i docenti subiscono la piccola (?) dittatura dei presidi, la piccola dittatura dei genitori, la piccola dittatura dei ragazzi svogliati e impuniti, ma alla fine ne vien fuori, sommando tutti questi fattori, una vera tirannia ostile e vessatoria. La cosa più incredibile e ipocrita accade quando i presidi tengono ore di collegio docenti (del tutto inutili e paradossali), per parlare di come salvaguardare il …benessere dei professori.

Infatti, questo è il punto, oggi i docenti hanno contro tutti, principalmente se stessi, in quanto non protestano mai: anche se condividessero quello che sto scrivendo, se lo dicono sussurrando terrorizzati come cospiratori nei corridoi, oppure se ne stanno ben zitti. Giammai farebbero delle vere azioni di lotta non solo economica ma ideologica e pedagogica, principalmente contro i sindacati che, dopo aver creato questa situazione assurda della scuola capovolta, ovviamente la coprono e giustificano con tutte le loro forze. Se fosse capovolta a favore della maggioranza degli studenti sarebbe già un conto se accettassero un metodo empatico dialogico (l’unico più valido di tutti); ma questa è capovolta a favore dei discenti più scalmanati e irrecuperabili, quelli che questo metodo comunque non lo accettano e lo fanno inceppare. Tutto questo deriva purtroppo in parte dal 68. Attaccando giustamente i professori autoritari e il vecchio metodo nozionistico, alla fine ha fatto di ogni erba un fascio. In questo modo ha finito per screditare totalmente la figura carismatica del professore. Galimberti recentemente ha detto che i ragazzi hanno bisogno di un rapporto diretto e coinvolgente (quindi non noioso e solo formale) con i professori, i quali lo possono esercitare principalmente facendo molta empatia. Giustissimo, anche perché ha aggiunto, che l’arte di coinvolgere emotivamente non si impara sui libri, è una dote naturale, direi da super uomo (o super donna) citando Nietzsche (cioè una mente e unapersonalità creativa superiori). Esattamente quel tipo di persone di cui la scuola e la società avrebbero massimamente bisogno. Si è dimenticato forse di dire, ancora una volta, che in una classe bastano pochi ragazzi terribili con altrettanti genitori che li difendono, e a questo punto non c’è più empatia che tenga. Lo stesso dicasi con portatori di handicap gravi in senso mentale : la scuola può sopportare e supportare i casi di autismo medio gravi, ma quelli gravissimi no. Alzi la mano chi non ha mai visto i presidi difendere fino all’ultimo questi casi estremi, anche quando avevano già mandato all’ospedale i professori o addirittura i compagni. Ecco il tabù di tutti i tabù, sull’altare del quale la scuola è disposta a sacrificare tutto, ovviamente prima di tutto se stessa. Naturalmente questo non è altro che estremismo cristiano quando piega la ragione (e la pedagogia) a valori puramente sentimentali (cosa che ovviamente fa in tutte le questioni). Infine questa scuola odia i professori carismatici empatici (saranno sempre dei rivoluzionari al di sopra delle righe) e preferisce ovviamente quelli normali burocratici perfettamente integrati. Chi segue veramente la intelligenza empatica non può essere supino alla stupidaggine burocratica, e se invece lo fanno tutti gli altri componenti della scuola, a partire dai presidi, come andrà a finire? Posso citare un episodio (tra i tanti negativi che ho subito) di aver ricevuto una letterina da una preside, in cui mi si censurava anche per aver detto in classe, di aver salvato una donna che stava annegando in un canale a Venezia…(sic) La potrei pubblicare qui ma è meglio di no per evitare guai legali. Per finire una precisazione: noi ragazzi del 68 volevamo distruggere la famiglia e la scuola patriarcale (missione compiuta) e anche combattere (tra i primi, certo pur con tutte le nostre contraddizioni) per la parità della donna e anche la difesa degli omosessuali. Mai ci saremmo sognati di veder distruggere la nostra stessa virilità, di finire in un specie di ghetto o di limbo, in attesa di finire nella riserva indiana, prima di sparire del tutto. Così il femminismo più arrabbiato sta avviando la “soluzione finale della virilità” avendolo scambiato per il patriarcato tout court. In conclusione ci sentiamo di fornire alcune linee guida per cercare di migliorare la situazione della scuola:

-prima di tutto spostare il potere dai presidi e dai genitori per ridarlo in mano ai professori (sempre che non siano la clonazione del vecchio regime, perché allora ovviamente non servirebbe a niente). Lo stesso vicepreside o sta veramente dalla parte dei suoi colleghi in funzione di mediazione, oppure è un doppione del preside con l’aggravante della sua potenzialità delatoria.

Come? Prima di tutto dando più potere ai collegi docenti e ai consigli di classe.

– Successivamente cercare di riequilibrare per quanto possibile la presenza maschile (qualificata).

Questa operazione non è solo una questione di giustizia sociale ma soprattutto di opportunità pedagogica. Quello che deve tornare nella scuola ( e ancor di più nella famiglia e nella società) è la figura di un nuovo super io empatico, una nuova figura del ruolo paterno in grado di ripristinare le regole e i valori, ammesso che in questa società dello sbando e della libertà assoluta, non sia ormai troppo tardi. Il fatto è che questa situazione assurda è nata da un problema enorme e quindi richiederà una soluzione altrettanto importante, cosa che ben difficilmente avverrà. I maschi non fanno più i professori, non solo per la ben nota difficoltà e scarsa gratificazione professionale, ma soprattutto per motivi economici: chi si deve sobbarcare l’onere di una famiglia non potrà mai farcela con lo stipendio attuale. Che resta tra i più bassi d’europa. Due cose sono sicure: la distruzione totale del vecchio super io ha comportato di buttare il vecchietto e l’acqua sporca insieme: c’era poco da salvare, ma quel poco era importantissimo e possiamo riassumerlo nella formula “chi sbaglia troppo dovrà pagare almeno un po’”. Quando insegnavo alle medie i ragazzetti che finivano in dirigenza, si prendevano un piccolo rimbrotto e una manciata di caramelle. L’ultimo anno prima di andare in pensione, il preside della mia scuola dovette chiamare i carabinieri per difendersi da alcuni ragazzi che volevano bullizzare anche… lui, per vendicarsi della bocciatura. Lasciamo perdere i numerosi episodi di professori picchiati dai genitori.

– Successivamente bisognerà cambiare le regole di ingaggio per quanto riguarda i voti e soprattutto la disciplina.

Nella scuola deve tornare ad esserci un minimo di selezione ragionata, e soprattutto di controllo dei comportamenti inaccettabili, ossia quelli che rendono troppo difficile la lezione. Questo soprattutto per salvaguardare la maggioranza che invece vorrebbe seguirla, magari riconoscendo che il professore è bravo, ma vessato e ridicolizzati da pochi sconsiderati. Il problema è che in questi casi il prof dovrà essere per forza più rigido, non autoritario ma autorevole (così dicono i presidi citando la bibbia): peccato che così l’empatia per forza di cose sparisce. Dobbiamo selezionare quelli che oltre a disturbare troppo non fanno nulla: tutti gli altri dobbiamo fare di tutto per aiutarli e salvarli. Se i problemi sono solo didattici si dovrà ricorrere in classe ai tutor e dopo al pomeriggio ai famosi sportelli che ci sono già: peccato che non funzionano. Addirittura i ragazzi non li frequentano.

Questo perché si fanno ancora a scuola e sono collettivi: anche se utopistico devono essere fatti a casa loro con pochi compagni affiatati, come le vecchie ripetizioni ( però gratis). Se non dovesse funzionare nemmeno così si prendono il debito o la bocciatura finale e amen. Questo per quanto riguarda esclusivamente il profitto scadente.

Invece se qualcuno incominciasse a disturbare troppo in classe, al secondo richiamo e cartellino giallo, il disturbatore esce dalla classe accompagnato dai bidelli. A questo punto il ragazzo viene inserito in una stanza dove si trovano dei professori particolari; cioè non persone alle prime armi, ma bensì di grande esperienza e veramente esperte, oltre che già preparate con particolari corsi di aggiornamento. Come si vede questa strategia obbedisce a una doppia logica: da una parte chi disturba al secondo richiamo viene subito bloccato salvando (si spera) la tranquillità della lezione; dall’altra si cerca subito per quanto possibile di recuperarlo. Nel caso dei ragazzi disabili mentalmente più gravi e violenti, bisognerebbe fare così (naturalmente forzando la rigidità didattica e oraria): fare delle mini classi, in modo che non possano stare da soli, scegliendo dei loro colleghi che lo fanno volontariamente col consenso delle famiglie (naturalmente esponendosi ai rischi relativi).

Questi ragazzi, a maggior ragione nelle scuole dove si insegna psicologia, dovranno prima aver fatto un mini corso imperniato sulla disabilità specifica di quella persona. Cosa che avrà già fatto tutta la classe se la persona disabile era integrabile fin dall’inizio.

Questi professori che incontrano gli “espulsi” la prima volta faranno parlare il più possibile i ragazzi sui motivi del loro comportamento per avviare una comunicazione proficua, sperando che questo possa portare in breve alla loro reintegrazione in classe. Oppure se c’è un disagio reale e importane, lo convincono a partecipare a una serie di sedute a carattere terapeutico in un’altra apposita struttura ella scuola (CIC). Insomma all’inizio più che una punizione vera e propria, faranno qualcosa di particolare e relativamente gratificante, precisando però che sarà anche la prima e ultima volta. Ma se a una seconda e a una terza volta i ragazzi finiscono ancora in punizione, questa volta verranno puniti con compiti gravosi e se non li faranno col dovuto impegno, verrano sospesi ogni volta per un giorno. Se faranno resistenza violenta aggravando la situazione, verrano subito sospesi per 5 giorni; alla seconda rivolta violenta 10; i casi irrecuperabili a scuola devono essere avviati a strutture apposite molto particolari. Stiamo parlando di scuole alternative che rappresentano l’unica possibilità di tenere occupati i ragazzi lontani dalla strada, con sistemi educativi e gratificanti, ma certo ovviamente non più validi didatticamente per il recupero dell’anno scolastico. Qui i ragazzi più turbolenti verranno come punizione verranno avviati ai servizi sociali, gli altri presi ancora una volta con le buone. Verranno cioè assecondati nelle loro attitudini: potranno fare più ore di sport, di danza, di musica, di pittura, speciali cineforum con dibattiti controllati ettc. Insomma tutto quello che possa apparire a loro gratificante e coinvolgente onde sviluppare un certo livello di maturazione sul piano della comunicazione e della espressione, e soprattutto della condotta per garantire un successivo inserimento al prossimo anno nel mondo della scuola. Naturalmente saranno seguiti anche da psicologi e personale specializzato a livello di animazione scolastica e di recupero di adolescenti difficili. Nel caso decidessero di tornare a scuola in qualsiasi momento (ma non meno di tre mesi alla fine dell’anno scolastico) potranno farlo e aiutati il più possibile a non essere bocciati o a prendere debiti abbordabili.

Nel caso disturbino anche in questo tipo di scuola alternativa, verranno messi in case famiglia o addirittura se il caso, in riformatorio. Questo progetto potrà essere modificato e migliorato ma il senso è evidente: la inclusione forzata e a tutti i costi di ragazzi al momento non scolarizzabili in senso normale, porta alla esclusione della vera scuola, ossia la scuola della qualità; quella che cerca di migliorare tutte le fasce e che non si perde nella disperata salvezza degli ultimi irriducibili e basta. In poche parole la scuola troppo sbilanciata a favore dei discenti tradisce in nome della inclusione a tutti i costi di pochi l’apprendimento e la maturazione educativa dei molti. I “diversi”, o per scelta ribellistica o per disabilità mentale troppo accentuata (tutti gli altri sono integrabili perfettamente) devono essere recuperati fuori della classe ed eventualmente reintegrati appena possibile, se sarà possibile. La scuola della inclusione a tutti i costi paradossalmente esclude se stessa. La scuola sopravvive grazie alla abnegazione e qualità dei suoi insegnanti; ma ha imboccato una strada autodistruttiva, quella della inclusione a tutti i costi, che sta portando lentamente alla evanescenza delle sue funzioni principali:

– ottimizzare i migliori in modo non classista

– recuperare le fasce più deboli.

– formare e rieducare ragazzi già tanto viziati; cosa alquanto difficile se il premio va più ai non meritevoli che ai meritevoli. Ogni anno tutti i professori vedono che dalle medie arrivano ragazzi sempre meno preparati in italiano, matematica inglese ec. Ragazzi sempre più sfrontati e maleducati. Dove andremo a finire sul lungo andare? Ma lo stesso discorso vale per l’inclusione straniera. A Prato c’è già l’ottanta per cento dei cinesi; dovremo aspettare che un po alla volta l’Italia intera faccia la stessa fine?

LA QUESTIONE DEI SESSI.

La tragedia del patriarcato e la conseguente guerra dei sessi, hanno portato a un femminismo esasperato e probabilmente maggioritario (un estremismo diffuso e forse addirittura a livello inconscio). Questo estremismo comporta delle posizioni che finiscono per stravolgere la identificazione dei due poli sessuali, come se la differenza di genere non fosse più un dato biologico e oggettivo, ma di per se una mera costruzione (invenzione?) ideologica e quindi crimine e una sopraffazione. Altrettanto dicasi per la questione della virilità maschile, scambiata per patriarcato tout court e che quindi vien vista come il nemico principale da abbattere. La esuberanza e forza sessuale maschile può assumere molte forme: alcune sono ovviamente criminogene, ma censurarle tutte su base istintiva significa castrare l’uomo.Significa invocare (imporre?) una rivoluzione culturale che alla fine sarà una controrivoluzione sessuale. Ieri repressiva per la donna, domani per l’uomo. Forse si arriverà al punto di stabilire insieme alle femministe un decalogo su quello che si può fare o meno (anche col pensiero come i preti una volta?); ma una cosa è sicura, quando è morta l’ironia e una certa benevole acquiescenza e buon senso (su tutte le cose della vita) allora è finito tutto. E’ vero che sul piano della parità effettiva, soprattutto in Italia, c’è ancora molto da fare; ma questo ancora una volta è soprattutto colpa del vecchio regime borghese e del retaggio clericale, che il movimento femminista si guarda bene dall’attaccare. E’ vero che il femminicidio resta una piaga orribile ben lungi dall’essere risolta, ma questo non può essere una cortina fumogena per non vedere la complessità di quello che sta accadendo realmente. Complessità che porta a dire quanto segue: se il movimento femminista non trovasse al più presto un modo culturale e ideologico per prospettare una alleanza con la maggioranza degli uomini (sul piano della vera parità materiale e ideologica, sessualità compresa, che naturalmente non potrà essere quella di San Domenico Savio) rischia di andare incontro a errori gravissimi che prima o poi pagherà, o meglio farà pagare alla società intera. L’ultimo episodio, che sembra una sciocchezza, mentre è una follia, riguarda la statua della spigolatrice di Sapri col culo e con le tette di fuori (stiamo usando un linguaggio che forse ci costerà già la fucilazione per sessismo aggravato e vergognoso). Alcune femministe si sono scagliate contro questo scandalo sessista, mentre è solo una bruttura estetica e volgare, che al massimo potrà riguardare i poveri cittadini di quella amena cittadina, deturpati da tale obbrobrio di statua. Ma potrebbe essere che a loro piace e allora c’è solo da farci una risata… Barbara Alberti, che me piace spesso, tranne quando difende Sgarbi, ha detto: Ma come le donne sono state censurate da secoli e adesso si mettono loro a censurare nel modo più sciocco e virulento? Hanno dimenticato forse che il linguaggio è e deve essere la cosa più libera che esiste a questo mondo? Fare della censura preventiva sul linguaggio significa uccidere la vita. Si sono scordate che l’arte, a prescindere, non può essere censurata in base alla morale da qualsiasi parte essa venga? Certo si può fare un giudizio critico estetico, ma questo non può essere ideologico a meno di scadere nella peggior ideologia. Questo l’aveva detto persino Croce 60 anni fa; siamo tornati indietro di 60 anni?

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Bisognerebbe che veramente si dimostrasse che in natura il cambiamento di sesso opportunistico e la omosessualità sono maggioritari e non una minoranza (come invece è ). Così proprio quando si esalta la natura in tutti i modi , poi la si stravolge su una questione così importante. Bisognerebbe dimostrare che in filosofia la importanza data alla dialettica dei poli, decisiva in Eraclito e regolamentata in Aristotele, è una specie di esercitazione retorica appartenente al passato, piuttosto che la vera scoperta originaria di ciò che determina tensione, movimento, in definitiva conflitto positivo o negativo in tutto ciò che esiste (principalmente nel sesso). Tale per cui già la supremazia di un solo polo è nefasta, figuriamoci la sparizione tendenziale di tutti poli, sostituiti da una nuova forma ibrida o neutra (non è più ne l’uno ne l’altro) artificiale, sia in senso naturale che in senso logico e quindi in definitiva culturale (resta una forma di sottocultura che diventa grave quando vorrebbe diventare egemonica con la pretesa di dominare tutte le altre). In senso formale non abbiamo niente contro la omosessualità-bisessualità: al punto che legalmente le concediamo tutto, tranne il fatto che anche i maschi possano partorire. In questo caso si sarà già toccato un punto di non ritorno e di follia totale. Questa è una cosa talmente intuitiva che non la vogliamo nemmeno spiegare: chi non la capisce è completamente fuori di testa. Non accettiamo tre cose insite in questo discorso:

-che in realtà sia principalmente una mossa per rendere maggioranza (prima ideologica e poi eventualmente elettorale) la la alleanza tra le femministe più arrabbiate e gli stessi omosessuali. Questo perché sui luoghi di lavoro ormai il mobbing non lo fanno solo gli uomini; per non parlare dei guasti sociologici, mentali e linguistici del politicamente corretto. Questo se solo potesse, in perfetta sintonia col peggiore cristianesimo bigotto, manderebbe sul banco degli imputati gli sguardi avidi e maliziosi che tutti gli uomini normali da sempre fanno sulle forme del donne. C’è stato un periodo in cui professoresse molto giovani ed avvenenti (ma anche studentesse) venivano a scuola mezze nude, con pantaloni così laschi e un tanga così spinto che ti mostravano, chinandosi, anche il buco del culo. Ma se si accorgevano che nel frattempo ti erano caduti gli occhi nell’orifizio esibito, ti fulminavano con un lanciafiamme, se solo lo avessero avuto in dotazione. Evidentemente quando tutti gli uomini saranno diventati omosessuali o castrati, avranno raggiunto il loro obiettivo e finalmente si sentiranno al sicuro. Recentemente in Francia decine di donne importanti hanno sottoscritto un manifesto di protesta, contro questo femminismo assurdo della censura preventiva su tutte le forme di avance maschile nel corso del corteggiamento. A meno che la iniziativa non passi del tutto alle donne stesse; però se ti mettono una mano sull’uccello senza che sia stato prima concordato, le potresti anche denunciare… Si taglia col coltello la nebbia tossica di un odio e di uno spirito di vendetta totale contro gli uomini: del tipo come ti muovi ti fulmino (abbassa gli occhi, abbassa le mani, abbassa tutto). Si, ho capito che niente va fatto contro la volontà della donna, ma se diventiamo troppo rigidi c’è il rischio che ritorniamo ai tempi della nonna. Così gli uomini andranno in giro col catechismo sessuale femminista ( che molto probabilmente, viste le affinità elettive, sarà stato approvato anche dai preti). Se invece dovessimo prendere la cosa sul serio e fare una vera contrattazione, allora si dovrebbe parlare di libertà sessuale e di trasgressione per entrambi. La cosa gravissima di tutto questo consiste nel fatto, già accennato altre volte , che il movimento femminile non ha affatto ereditato la vecchia formula del proletariato (una delle poche cose giustissime del vecchio comunismo defunto) il quale si presentava come universale inteso come una forza e fonte universale-trainante di liberazione. In quanto tale catalizzava su di se tutte le prospettive culturali da emancipare e convogliare in un senso di umanesimo totale (alla faccia di Heidegger). Le donne non pensano affatto di rivolgersi al 40% di uomini (che considerano dei nemici) ma ritengono solo di primeggiare insieme ai loro alleati omosessuali; in quanto agli uomini cosiddetti normali, questi si devono già essere assecondati sulla loro lunghezza d’onda, altrimenti sono dolori. Così si realizza un gran paradosso. Le Italiane non hanno raggiunto ancora la parità, dicono di volerla a parole, ma poi di fatto si comportano in modo aggressivo e vendicativo come se gli uomini fossero già allo sbando (come in effetti è). Questo farà sicuramente rallentare la loro inarrestabile ascesa. La colpa è soprattutto del sistema capitalista e della chiesa che ha remato contro per tanti anni (infatti non voleva ne l’aborto ne il divorzio); però loro se la prendono principalmente col sistema-uomo, come se tutti gli uomini fossero colpevoli più o meno allo stesso livello. Sistema patriarcale e genere maschile in realtà non coincidono del tutto. Anche gli uomini sono potentemente vessati dal sistema capitalista; certo le donne purtroppo di più fino ai casi estremi e terribili di femminicidio. Ci sono però anche situazioni molto gravi, anche se ovviamente non altrettanto terribili, di uomini usciti distrutti materialmente e spiritualmente da divorzi a senso unico. La cosa incredibile consiste nel fatto che molti uomini non solo sono consapevoli di questo ma lo accettano. Sono gli uomini della pseudo-sinistra; un giorno uno studente mi disse:- Noi uomini abbiamo fatto per talmente tanto tempo delle cose brutte, che adesso non ci resta che assecondare le donne per sempre. E così si verifica il famoso detto che pagheranno gli innocenti fino alla settima generazione; e cosa peggiore di tutte, pagheranno proprio quelli che le hanno assecondate più di tutte nel passato. Sto pensando ai ragazzi del 68 senza il quale il femminismo non sarebbe mai nato. Ma ben altre erano le ragazze di quei tempi rispetto alla tipologia lesbo-castratoria di oggi. Allora le ragazze ci cercavano facendo una vera rivoluzione sessuale per tutti, principalmente per se stesse. Adesso che si parla solo di omosessualità e di antivirilità siamo in piena controrivoluzione sessuale. Pensare, parlando di sesso, che la categoria predominante sia la fedeltà, è roba da bambini deficienti; lo si potrà fare parlando di amore, ma il sesso è altrettanto importante. Parlando di sesso ci sarà sempre la coppia fedeltà-trasgressione.

Ormai siamo arrivati a una situazione tale dove resta solo la differenza morfologica superficiale dei sessi. A meno che gli uomini non si castrino e le donne non si autoinfibulino…solo a questo punto la parità sarà veramente quasi totale, le differenze sessuali saranno sparite quasi del tutto, e così potranno finalmente mettere lo stesso simbolo in tutti i cessi. A quel punto potranno anche fare a meno di chiudere la porta tanto non c’è più niente da vedere. Se sono così terrorizzate dalle molestie nei pulmann (hanno ragione si); ma allora faremo l’apperteid anche nei mezzi pubblici, questa è l’unica soluzione. Voglio dire che se andiamo avanti così con questo estremismo della inclusione totale, gli unici esclusi saranno i maschi i quali, a livello di massa, non potranno mai essere “totalmente per bene” come vogliono loro. Il sesso biologico delle persone non ha più nessuna rilevanza strutturale, ma è diventato una specie di optional puramente formale: al punto che i ragazzi “esaltati” cancellano le indicazioni presenti nelle toilette. Ma allora le famose differenze le caratterizzano per difenderle o per eliminarle? In questo caso le eliminano. Questa è la vita liquida dal punto di vista sessuale che ormai rappresenta per i ragazzi la massima realizzazione erotica e personale, l’ultima spiaggia della …rivoluzione.(qualcosa devono pur fare per sentirsi vivi). Noi ragazzi del 68 avevamo nella testa la follia comunista che per fortuna non abbiamo realizzato; loro la follia di una fluidificazione sessuale che realizzeranno veramente perché la vuole (e forse la ha addirittura promossa) anche il sistema. E’ una parola d’ordine che non influisce sui reali rapporti di forza politici ed economici , ma solo su cambiamento sovrastrutturale di tipo psicologico comportamentale. I capitalisti al momento dormono sogni tranquilli se la gente si sfoga così. Invece cambia tutto solo dal punto di vista dell’ascesa femminista al potere. Già le donne sono la vera maggioranza (anche se si presentano indebitamente come differenza), unite agli omosessuali, arriveranno in un ipotetico partito di sole donne, alla maggioranza assoluta (è forse questo uno dei loro sogni inconsci?). Secondo me i capitalisti cercano solo di guadagnare tempo soprattutto qua in Italia, e forse la vera parità non gliela concederanno mai; nello steso tempo avranno creato un altro fossato tra uomini e femmine, “divide” e impera che avrà sostituito la vecchia lotta di classe.

Oggi come oggi, l’abbiamo già detto più volte, è come se ci fosse una bottiglia; fuori è ancora sessuata, si fa per dire, ma dentro c’è un frullato indistinguibile di maschio e di femmina, ossia una nuova identificazione psicosessuale androgina. Certo è sbilanciata comunque verso una fraintesa femminilità a carattere dominante (ormai accettato dagli uomini in caduta libera). E’ dunque un qualcosa di indefinibile che comunque esclude completamente la polarità sessuale. Porta però giovamento politico alla causa del femminismo più arrabbiato: insomma si passa da un unico polo vincente alla fine di tutti i poli e di tutte le identificazioni.

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Tutto questo è nato perché qualcuno ha avuto la bella idea di far derivare tutto il male del mondo dal patriarcato come se si dovesse buttar via 2000 e passa anni di cultura, come se la violenza maschile ( gli uomini l’hanno fatta ma l’hanno anche subita) fosse solo indice di malvagità e non anche una terribile maledizione della storia e della natura. A questo punto non resta che cambiare occhiali e indossare quelli che interpretano il mondo al femminile, tutto il mondo. In questo modo gli uomini, invece di essere rieducati, verranno castrati da tutti i punti di vista, con gli occhi, con la mente, col pene. Quest’ultimo è bersaglio simbolico preferito. Al punto che ultimamente hanno inventato l‘industria dei vibratori femminili e soprattutto la propaganda massiccia per venderli. Il che dimostra ancora una volta come i mercanti sarebbero capaci di inventare qualunque cosa pur di vendere.Non è affatto come pensa quel poveretto di Baricco che prima l’umanità esprime inconsapevolmente una genialata e poi i mercanti gliela realizzano sull’altare del progresso come se fossero fedeli realizzatori e sacerdoti di una vera rivoluzione culturale e non di una deviazione mentale mercantilista. Al contrario i mercanti creano bisogni assurdi indotti e non li importa nulla se distruggono un equilibrio millenario. In questo senso come disse Marx, il capitalismo ha una portata rivoluzionaria immensa nel senso che è pronto e intrinsecamente predisposto a distruggere tutti i valori, tranne ovviamente il profitto e l’adorazione della merce. Non importa se stravolgono la vita reale o appoggiano cause assurde, come dimostrare che un tubo di plastica che vibra, infilato nella vagina, è meglio di un palpitante pezzo di carne maschile. Non si tratta affatto di migliorare la masturbazione femminile e vincere la solitudine sessuale delle donne. Tutte le donne sanno che basta girarsi attorno e osservare quello più carino e simpatico e poi il gioco è fatto: se vogliono sanno benissimo come affascinarlo e goderne dei favori. Ma evidentemente non ne hanno più voglia sobillate da una cultura assurda. Il punto più importante non è la loro soddisfazione sessuale in quanto tale, ma che finalmente evitano di essere possedute e penetrate da un maschio, cosa che evidentemente non sopportano più. Adesso finalmente hanno raggiunto l’autonomia sessuale totale anche se artificiale: si sono autopossedute e autopenetrate. Adesso non è più un gioco erotico solitario, è una vittoria ideologica, collettiva e culturale pazzesca. Se si disaffezionano al pene in favore di un pezzo di plastica sia pure vibrante, allora per i maschi è veramente l’inizio della fine; ma mentre le donne sono riuscite a sopravvivere dentro a una dittatura e a forme di depressione e repressione sessuale, per i maschi non sarà lo stesso. Le donne si sono salvate col maternage e grazie alla loro natura psicosessuale almeno in parte passiva, e soprattuto ricettiva. Insomma giocavano in difesa e sapevano incassare. I maschi decadendo dal loro “ attivismo ed espansionismo” sessuale semplicemente spariranno come uomini e come virilità. In tutti i casi la vecchia cultura non è stata solo l’eredità di una dittatura maschile, ma anche testimonianza di un altissimo livello di espressione culturale. Da questo punto di vista certe femministe sono veramente come i barbari che non hanno nessun senso della storia, semplicemente perché la vogliono distruggere e azzerare. Certo è purtroppo stramaledettamente vero che il sistema capitalista è prevalentemente maschile e ci sta portando alla rovina. Ma la virulenza iconoclasta nel distruggere e azzerare un mondo intero ce l’hanno avuta anche i nazisti, i ragazzi della rivoluzione culturale cinese. Non hanno prodotto, per usare un eufemismo, buoni risultati. Se vuoi veramente bloccare il sistema capitalista prima della catastrofe prossima ventura, prima che sia troppo tardi, dovrai allearti con gli uomini e fare un compromesso e non estremizzare una purezza rivoluzionaria (con la clava) a senso unico. La donna a una dimensione. Anche i barbari del nord quando prendevano le statue greche e romane per prima cosa gli scalpellavano e distruggevano il pene: la stessa cosa vorrebbero fare loro , forse non solo con le statue. Intanto per soppiantare tutta questa cultura “patriarcale” bisognerebbe forse aspettare altri duemila anni di femminismo allo stesso altissimo livello, voglio dire campa cavallo. Altrimenti si rischia di fare come l’Argentina o che ne so l’America, che pensano di mettere sul piatto della bilancia solo duecento anni di storia. Secondo voi da che parte penderà la bilancia? Non è razzismo ma semplicemente la forza della gravità cioè della realtà. Facendo così si rischia di fare del nuovo matriarcato la stessa cosa del patriarcato ma solo rovesciato: cioè una nuova dittatura al femminile. La stessa filosofia ha avuto una livrea storicamente patriarcale; ma la vera filosofia, come la verità, non è ne maschile ne femminile. Pensare di fare una filosofia tutta al femminile è una follia è un razzismo che grida vendetta nell’alto dei cieli. Ma veramente nessuno se ne accorge? Osservazione fatta acutamente da Derrida che pure è stato, sciaguratamente, uno dei filosofi delle differenze, il quale in un barlume di lucidità mentale ha detto:- Il femminismo è l’operazione mediante la quale la donna vuole assomigliare al filosofo dogmatico, rivendicandone per se la verità. Il femminismo vuole la castrazione anche della donna ( …oltre che dell’uomo…evidentemente) Noi diremo: perde lo stile, perde lo stile. Perde lo stile e l’ironia: cioè tutto.

Per questi poveri pazzi esaltatori fanatici delle differenze, l’affermazione della verità è già una forma di costrizione-castrazione di tipo maschlista: alla fine dato che la verità non può essere ne maschile ne femminile, non sarà più nulla. O meglio sarà neutra, sarà trascendentale al di sopra dei generi. Ma come è possibile? I due sessi, se non altro per generare, dovranno pur esserci. Eraclito ci ha detto che la verità sarà tutte e due insieme, sia maschio che femmina, ambivalente e ambigua con il peso delle reciproche forzature. Freud ha sempre detto che la donna è un uomo mancato a causa dell’invidia del pene, fattore ridicolmente negato e rifiutato da certo femminismo; anche se la colpa di questa invidia sta soprattutto nel privilegio patriarcale. Il prospettivismo femminista più esasperato a senso unico, esprime il suo dogmatismo con una forma di teologia negativa e di razzismo alla rovescia: o risalta subdolamente una sola differenza, la propria o, nel tentativo di raggiungere la parità suprema, le distrugge tutte e due. Alla fine la sessualità come il Dio misterioso, diventa qualcosa di innominabile per non contaminarsi coi generi aborriti. In tutti casi il dialogo con la componente maschile è bloccato ormai da tempo, con conseguenze molto negative che non tarderanno a mostrarsi prima o poi.

Si sarebbe potuto procedere in altro modo. Per esempio facendo una specie di partita doppia su ciò che è bene del vecchio maschio e della vecchia femmina, in modo che ciascuno potesse fare autocritica e avvicinarsi all’altro. Quando si vuole veramente la parità ci si trova a metà strada, si cerca un compromesso, si cerca di superare la antitesi nuda e cruda. E’ quello che le femministe al momento non vogliono fare, non sanno fare: la parità la vogliono fare solo con le lesbiche e gli altri omosessuali. Naturalmente il lavoro più grande e drammatico di trasformazione spettava al maschio che per esempio avrebbe dovuto e potuto imparare a… piangere. La donna avrebbe potuto e dovuto imparare ad essere autorevole senza essere autoritaria o isterica (sto facendo soltanto dei piccoli esempi) Ma tutte e due assolutamente salvaguardando ( certo rinnovandola profondamente) la loro identità. Per esempio la donna doveva assolutamente mantenere la sua precedente innata capacità di fare maternage. La donna del passato non faceva maternage perché il maschio se lo meritava, ma semplicemente perché le piaceva, perché sentiva che era il suo destino. Adesso, una volta appurato che non ce lo meritiamo, hanno chiuso baracca e burattini. Questa mossa assomiglia a quella di Sansone che però ci ha lasciato la pelle sotto le macerie prodotte dalle sue stesse mani. E’ vero che non ce lo meritiamo per i crimini passati, ma la nostra condanna a lungo andare sarà anche la loro. Non è una questione di pietismo e perdonismo cristiano; cercare di ricostruire il mondo a favore di un mono-blocco lesbo-omo-bissessuale, escludendo a priori la maggioranza maschile mi sembra una follia programmata. Ci sono molti tipi e, a loro volta, molte gradazioni di maternage; ma il femminismo più arrabbiato li ha cancellati tutti, inseguendo la mascolonizzazione della femmina e la femminilizzazione del maschio. Del resto se seguono il modello delle pugilesse il maternage non lo fanno più nemmeno tra di loro, ma se lo distruggono a suon di pugni.

Ho quattro amici tra i 50 e i 70 anni, tutti pluri-laureati e persone di una certa intelligenza; ma siamo tutti arrabbiati per come va il nostro rapporto con le donne: si scopa pochissimo e vogliono comandare in modo tale, da rendere il rapporto impossibile. Anni fa ho parlato con due coppie di amici milanesi, ragazzi sui 30, giovani, simpatici, bellocci e ho chiesto loro:- Be li nel gran milan ve la spassate bene con le ragazze. No signore: loro cercano solo i soldi e fanno usa e getta. Morale: per sfogarsi vanno tutti in un famosissimo bordello a Lugano. Ho chiesto a due ragazzetti di Mestre sui 15 anni, come la va con le femmine della loro età. Risposta: la più parte sono lesbiche, le poche che vengono con noi vogliono la fedeltà a tutti costi (a 15 anni?); ma ci sono anche quelle che fanno già gang bang in modo sfrenato e super aggressivo. Anche questo non fa per noi ( sono ancora romantici, carini, poverini…) Però noi non vogliamo diventare omosessuali per la disperazione. Perché mai dovrebbero mentire?

Tutto questo è confermato a scuola. Ho avuto classi dove i ragazzi erano impauriti e sottomessi dalla supremazia “ razzista” delle ragazze. Una volta le ragazze si lamentavano se c’erano pochi maschi in classe; adesso li bullizzano… In quesa piccola differenza c’è tutto il senso della tragedia che stiamo vivendo: non è una specie di barzelletta ma il tramonto degli dei; al loro posto arrivano le Erinni. Alcune mamme mi hanno persino raccontato che i loro figli vanno già dallo psicologo. Ci vanno per la aggressività sessuale delle ragazze, che appunto o li snobbano o fanno usa e getta. Questa situazione quando le donne avranno finalmente raggiunto la vera parità economica e politica migliorerà o peggiorerà del tutto e definitivamente?

VECCHI E GIOVANI

E’ talmente evidente che i vecchi, una volta fuori dalla produzione e dalla folle rincorsa al consumo di novità tecnologiche (che fanno rincretinire loro, ma estasiare i giovani) sono praticamente spariti. Molti di loro sono fantasmi solitari in attesa della morte.

Ma non c’è solo questo. Insieme a loro è sparito il super io e il senso del dovere, il senso della tradizione ( la prima cosa che fanno le rivoluzioni tecnologiche barbariche è azzerare inesorabilmente il tempo passato). In questo modo distruggonoil culto del passato come memoria fondante, i legami familiari; ma soprattutto è sparito lo spirito di resilienza che i vecchi potevano insegnare ai giovani. I quali, certo non tutti, la resilienza non sanno nemmeno che cos’è e soprattuto non lo vogliono sapere. Se sono andati in crisi col coronavirus cosa avrebbero dovuto dire i ragazzi del 99 o i giovani partigiani appiccati ai lampioni?

Mi ricordo che da giovane a Venezia quando ancora c’erano i veneziani, si lasciavano sulle rive la vecchia mobilia e i ricordi di vecchie persone morte senza parenti. Le venivano a prendere gli spazzini, ma anche noi ragazzi andavamo a rubacchiare o a frugare tra quelle care memorie abbandonate. Era bellissimo rivivere come la macchina del tempo situazioni a volte incredibili e commoventi come le lettere d’amore scambiate in tempo di guerra. Adesso quando vedo in cantina montagne di vinile abbandonato, di cassette accatastate, di cd sparpagliati, sento un senso acre di sgomento e di inutilità, oltre che di spreco assurdo. Allora sembrerebbe che sono rimasti solo i baldi giovani. Il sistema vuol far credere loro che sono dei protagonisti. Ma non è vero: o meglio sono rimasti delle variabili dipendenti nel senso che sono considerati solo in quanto consumatori indotti e plagiati. Valgono solo per il mercato e per tutta la grancassa mediatica pubblicitaria necessaria per illuderli, plagiarli e instupidirli in nome di qualche nuova strepitosa novità tecnologica. Dunque è rimasto un solo polo e alquanto malconcio.

INDIVIDUO SOCIETA’

Questa a prima vista sembrerebbe una polarità che funziona a beneficio l’una dell’altro: infatti si potrà dire tutto della società capitalista, tranne il fatto che non sia super individualista.

Ma se per individualismo intendiamo il culto della vera libertà e autonomia personale, questa è stata alquanto ridotta e sottomessa dalla mercificazione (il soggetto ridotto a merce, cioè a oggetto) e quantificazione (costretto a vivere dentro a schemi rigidi preformati che ridicolizzano entrambi i concetti). Se per società intendiamo collante sociale scopriremo che tutti i connettivi dei gruppi sociali sono in grave crisi così come i loro valori. E’ appunto la società fluida che svuota sia se stessa che gli stessi individui. Se l’individuo si è ridotto a essere un burattino della massificazione conformista dei media e della onnipotenza della merce, la società a sua volta è sempre di più un insieme di contenitori logorati e usurati. Il grande burattinaio che muove le marionette e cambia le scenografie a piacimento, se ne frega di entrambi, perché a lui interessa solo il profitto.

Ovviamente ha bisogno dell’individualismo ma solo per vendere di più dando a ciascuno il suo giocattolino. L’individuo e la società sono solo strumenti nelle sue mani. Gli fa persino comodo far credere che la società esista come un insieme di cause indefinite ma predeterminate: in questo modo nessuno è veramente il colpevole. Invece se guardiamo i nomi e cognomi degli uomini più ricchi del mondo, avremo una parte importante e ben precisa dei veri responsabili.

Dunque questa polarità continua a esistere, anche perché è troppo connaturata con l’esistenza dell’essere umano. Il problema è che in questo momento sono la controfigura l’una dell’altra.

Nessuno dei due è veramente quello che dovrebbe essere. Anche quando esiste la polarità si manifesta sotto forma di decadenza.

RIVOLUZIONE E TRADIZIONE

Quante volte abbiamo sentito dire: senza radici non c’è futuro. Questa frase suona particolarmente ipocrita qua in Italia, visto che hanno portato dal rigattiere e gettato nell’oblio persino il Risorgimento intero.

Come già detto le rivoluzioni tecnologiche sono barbariche (alla faccia di Baricco) proprio perché nella loro momentanea superiorità avveniristica, fanno piazza pulita degli strumenti obsoleti e con essi di tutto il vissuto che gli accompagnava. Così non se ne vanno solo pezzi di macchine ma brandelli interi di vita. Solo le rivoluzioni politiche dovrebbero avere la intelligenza e la forza culturale di unire insieme tradizione e rivoluzione. Pochissime lo hanno fatto: per esempio il Rinascimento e Lutero lo hanno fatto. La rivoluzione Francese, quella comunista e quella culturale cinese ( ma sarebbe meglio dire anti-culturale) non lo hanno fatto. Il rinascimento è stato un fenomeno miracoloso proprio perché ha unito la realizzazione di una novità straordinaria con il culto del passato. Anche Lutero lo ha fatto semplicemente dando una lettura e interpretazione nuova di un testo storicamente ereditato. Oggi esiste solo la rivoluzione tecnologica proteiforme; la tradizione la trovi solo al cimitero, sperando che le abbiano dato degna sepoltura.

Naturalmente detto questo è ovvio che non abbiamo un vero ottimismo del futuro…senza una sana dialettica dei poli il futuro auspicabile sparisce: al suo posto troviamo un destino enigmatico e tenebroso.

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