-GLI ULTIMI GIORNI E LEULTIME ORE DI GIACOMO LEOPARDI

7/7//25

Tutti pensano che le ore del giorno fossero il tempo più maligno e gravoso per il poeta, sempre impegnato a nascondere le due gobbe o per lo meno a evitare gli inconvenienti quotidiani, sia fisici che sociali, relativi a tanto ingombro.
In realtà il periodo più infelice per lui era proprio la notte: a causa delle due gobbe non poteva girarsi ne da una parte ne dall’altra, e la vita gli appariva veramente come una maledizione, visto che a lui era negato persino il ristoro e la consolazione del sonno. Dicono che persino i banditi riescono a dormire nel sonno, magari tenendo un solo occhio aperto; ma Giacomo Leopardi no: lui li teneva aperti tutte e due sia di giorno che di notte e per questo vedeva e capiva un sacco di cose che il suo tempo ignorava, come al solito assai vigliaccamente. Al che ovviamente capitava spesso che facesse degli incubi a volte a carattere religioso, a motivo della sua ben nota acrimonia verso l’essere e verso la natura. Infatti sognava di trovarsi al cospetto del Signore mentre era ancora in vita al che gli chiedeva, brutalmente e senza tanti riguardi, che cosa avesse fatto di tanto male per meritarsi un castigo così grande. Ma quel dio, corpulento e barbuto seduto su di un trono d’avorio (che evidentemente, sempre nel linguaggio trasversale del sogno, aveva fregato al suo olimpico predecessore), alquanto scocciato, non rispondeva mai e, dopo aver fatto spallucce, restava sempre in silenzio. Sembrava che volesse dire; che vuoi fare ormai è andata così, rassegnati. Il poeta però insisteva: ma perché proprio due invece di una sola? Melius abundare quam deficere rispondeva l’essere supremo. E perché proprio a me e non a un altro. Allora il Signore sbottava sempre più scocciato: Stai zitto, pensa se fosse capitato a me di averci due gobbe e scrivere poesie al posto tuo e invece a te di finire sulla croce, avresti fatto cambio? Il compito supremo della religione è accettare il proprio destino, oggi a te domani a me: ed io che sono Dio questo devo dirti e di questo devo convincerti, se no a che servo? Insomma dobbiamo accettare la sorte senza tante critiche e assurde ribellioni. Ma io ero un bambino innocente, non avevo colpe…Anzi tutti i bambini sono innocenti e non hanno colpe…Questo dunque è il senso della vita? essere puniti pur essendo innocenti e di conseguenza provare tutte assieme accettazione, rassegnazione, obbedienza, e per finire un senso assurdo di colpa incombente e misterioso per cose di cui non sei per nulla responsabile… C’è da impazzire , ancora peggio che avere le gobbe in se e per se. E se in realtà la colpa fosse proprio la tua, dato che hai creato tutto sto casino addirittura sapendo in partenza come sarebbe andata a finire. Dato che hai fornito all’uomo la libertà ben sapendo che non ne era degno e che ne avrebbe fatto un pessimo uso tanto per dannarsi: è forse per questo che ti autopunisci sulla croce? .A questo punto, a questa frase troppo orribile e insostenibile persino in sogno, apparvero improvvisamente due diavoli che lo presero per le gobbe, non senza una certa difficoltà, e incominciarono a portarlo in alto in alto rendendo la faccenda sempre più terrificante, in quanto ovviamente non era ancora stato inventato il paracadute. Tuttavia guardando in basso e terrorizzato da una morte incombente e da un imminente castigo eterno, il poeta si accorse che nonostante le gobbe, voleva comunque continuare a vivere e non voleva precipitare giù a nessun costo. Scoprì così di essere affezionato a tutte e due ma che cadendo avrebbe potuto rovinare o l’una o l’altra. Così molto ingenuamente cercò di corrompere i due selvaggi funzionari della giustizia divina, promettendo loro grande ricchezze che sicuramente suo padre, il conte Monaldo ( che i sudditi a volte chiamavano con riverenza il grande Monaldo), pur di salvare il suo sventurato figliolo, avrebbe sborsato senza esitare. I due diavoli sogghignando per la trovata eccentrica, lo portarono a sorvolare un territorio enorme che si presentava come una natura splendida e lussureggiante, come il paradiso terrestre: e infatti lo era, ma ormai risultava contaminato a causa del peccato originale. Peccato che questo peccato, come si sa, è consistito da parte del povero Adamo, nel guardare la patatina ( a quell’epoca si diceva pudenda) di Eva, apparsa improvvisamente e meravigliosamente nuda, con uno sguardo improprio così penetrante, ma così penetrante che sicuramente oggi avrebbe fatto incazzare non solo Dio ma anche le peggiori femministe. Non si guardano così le donne da quelle parti, soprattutto la prima volta che può creare un precedente. Questo sembra essere stato il primo terribile peccato con il quale la chiesa tenta di giustificare l’origine del male nel mondo. In fin dei conti era proprio un peccato di curiosità e di conoscenza. Al che se Adamo fosse stato omosessuale e la patatina di Eva non l’avesse nemmeno degnata di uno sguardo, forse non sarebbe successo un bel nulla. Giacomo vedendo quello spettacolo meraviglioso dall’alto (perché quell’altra dal basso poveretto, si pensa che purtroppo non l’abbia mai vista) incominciò a rincuorarsi e disse: Allora non è vero che mi farete precipitare giù giù all’inferno? Mi depositerete in questo bellissimo giardino…
Ah caro ma questo è molto peggio dell’inferno. Per farglielo capire gli mostrarono la orribile scena di una iena che si sgranocchiava da vivo, piano pianino con gran gusto, un povero cerbiatto, il quale ovviamente emetteva a ogni sanguinoso morso, incredibili e strazianti gemiti di dolore. Poi gli dissero, visto che la tua punizione sarà quella di fare da spuntino e da spezzatino, un pezzetto alla volta, a queste belve feroci perennemente affamate, quali preferisci le iene o i licaoni? Al che vide che sotto di lui si azzuffavano le due orribili bande per poterlo divorare. Al che disse: Ah ma questa natura non è madre, questa non è neanche matrigna…anzi è proprio una gran p.. A quel punto subito si svegliò tutto sudato e terrorizzato. Incominciò a tastarsi per vedere se mancava qualche pezzettino. Poi si guardò le gobbe e se le accarezzò ben contento di essere tutto intero; ma dopo mezz’ora, mentre si vedeva tutto nudo e tapino nel fare le solite abluzioni mattutine, tornò a odiarle e a ripudiarle con tutte le sue forze. E pensare che c’è chi dice che amare e odiare nello stesso tempo è impossibile.
In un’altra occasione fece un sogno anche peggiore e ancora più incredibile. Sognò che il vaticano come ai tempi dell’inquisizione (che allora però esisteva ancora, anche se aveva smesso la sua grande passione di arrostire la gente in piazza) aveva un nucleo di poliziotti che funzionava come i servizi segreti: il loro compito consisteva, proprio come ai vecchi tempi, nel controllare e ostacolare tutto ciò che potesse nuocere gravemente alla chiesa. Per esempio dovevano eliminare in modo che nessuno se ne accorgesse, certi preti pedofili che l’avevano fatta troppo grossa, prima che i fedeli scoprissero poveri corpicini nudi, martoriati e e violentati, magari nascosti sotto i tetti della chiesa. Lo scandalo sarebbe stato troppo grande, anche se a quel tempo la gente sembrava decerebrata, completamente fidata e ottenebrata, era meglio non rischiare. I preti erano terrorizzati che se la gente avesse scoperto tutte le loro malefatte, economiche politiche e soprattutto sessuali, se avesse fatto il compito con la somma finale, avrebbe smesso di perdonarli mandandoli finalmente alla malora una volta per sempre.
Insomma i preti che davano scandalo,venivano pesantemente intimiditi prima che fosse troppo tardi; altri ancora essendo troppo importanti e comunque molto astuti e intelligenti nell’attivare la loro perversione, venivano comunque lasciati continuare come se nulla fudesse, sperando nella infinita misericordia della provvidenza, insomma che non venissero mai scoperti. Giacché si sa la chiesa era quell’assoluto che nonostante tutto doveva salvarsi a tutti i costi e quindi restava vergine e innocente qualunque cosa accadesse, poiché la gente viveva in modo così miserabile e pensava in modo così modesto, che senza il suo conforto non sarebbe mai riuscita a sopravvivere. Forse è stato proprio grazie a questa incessante e benemerita pulizia interna che lo scandalo dei preti pedofili ai tempi di Leopardi non esplose mai, anzi rimase nascosto come se non fosse mai esistito. Come se non potesse mai accadere. Ma si sa è proprio del cristianesimo invocare il perdono e soprattutto farsi perdonare tutto e alla fine far dimenticare tutto. In questo modo è l’unica protagonista della storia che se la fa, se la dice e la fa sempre franca.
Quella sezione speciale di poliziotti clericali, aveva anche altri compiti, tra questi quello di leggere tutto quello che veniva pubblicato per metterlo eventualmente all’indice; nei casi più gravi interveniva con argomenti molto forti e convincenti. Pertanto esisteva un certo numero di intellettuali e critici che veniva tenuto sotto una osservazione speciale, morbosa e molto pericolosa. Tra questi naturalmente c’era il nostro Leopardi. Per lui mentre sognava tutto questo era come un incubo; non bastava la sua condizione fisica, non bastava i cattivi rapporti in famiglia, la giovinezza rovinata, adesso aveva su di lui anche le malsane intenzioni della polizia. La faccenda sul finale dell’incubo peggiorò ancora: si occupavano di lui in quanto pensavano , niente popo di meno che, fosse in grado, prima o poi di elaborare degli scritti in grado di dimostrare la non esistenza di dio in modo inequivocabile e quindi diventando giocoforza pericolosissimo. Questo esito estremo del suo pensiero e della sua ricerca esistenziale, andava scoperto e bloccato a tutti i costi. Si svegliò dal sonno più sudato e agitato che mai, in effetti pur nella palese assurdità della trama onirica, la cosa non sembrava da prendere sotto gamba; però almeno in parte lo lusingava il fatto che il vaticano lo considerasse così geniale e pericoloso da porre fine alla cristianità solo in virtù del suo pensiero…dato che lui non era certo un uomo d’azione ( anche se da bambino a volte si immaginava come Alessandro Magno, che correva con le due gobbe a cavallo alla conquista del mondo). Tuttavia in realtà non voleva affatto levare la religione a nessuno, ma certo colpire chi stava tramando, come sempre, contro la unità d’Italia, di cui il nostro, povero illuso, era uno dei primi fan. Insomma attaccava le religione non per levare al popolo la sua necessarissima droga ma per le sue devastanti implicazioni politiche e temporali. Cosa potevano farti, dei dispetti; anche se una moltitudine di dispetti potevano anche spingere una persona già fragile di suo a suicidarsi. Quindi lui e il suo grande amico Antonio Ranieri dovevano continuare a vivere come avevano sempre fatto, cercando di stare il più sereni possibile. Tenendo però gli occhi aperti. Quindi si trattava di recarsi a Napoli come facevano ogni estate, andare nel loro caffè preferito a gustare i sorbetti deliziosi parlando dei massimi sistemi, certamente senza il conforto di nessuna consolazione, a parte il gelato, ma senza rinunciare a decantare le illusioni più grandi : la delicatezza della natura, la veridicità della religione, la bontà della umanità ecc ecc. I due poveretti non potevano certo immaginare che quello fosse davvero un sogno premonitore e che ben presto le peggiori aspettative si sarebbero avverate per filo e per segno.


Infatti esisteva a Castel S Angelo una stanza, una delle poche dotate di finestra, adibita a sede di questi fantomatici servizi così segreti per così dire teologici temporali. Avevano anche una dependence giù nei tenebrosi sotterranei. Si dice che proprio li fossero stati torturati Campanella, Giordano Bruno e per finire la povera Beatrice Cenci prima della esecuzione. Chissà forse solo per il gusto di vederla tutta nuda e tutta intera dato che era una gran bella donna prima di decapitarla. In seguito venne usata solo con i prigionieri repubblicani del fatidico 48, tutta gente che poi, magari dopo essere stata torturata, venne fatta sparire alla svelta senza lasciare traccia gettata nel Tevere.. Gli agenti in servizio erano quattro, ma in pratica agivano in coppia alternandosi dato che svolgevano anche altri lavori, sia per ozio che per copertura. Quindi noi ci occuperemo solo dei due a cui venne affidato il caso “Leopardi ateo incorreggibile”.
Si chiamavano Lorenzo del Bue e Tommaso Trogu. All’epoca non erano più molto giovani, diciamo sui 45, anche perché gli era stato affidato un compito molto delicato e bisognava andare sul sicuro ingaggiando gente esperta.
IL primo era alto con una grande capigliatura quasi da bravo, il secondo era il contrario esatto, basso tarchiato, e decisamente stempiato. Si capiva che entrambi erano dotati di una forza erculea evidentemente necessaria per il loro mestiere. Erano anche forniti di una certa cultura, questo per un motivo relativamente incredibile: entrambi erano stati in seminario ma poi si erano ritirati. In seguito fecero ulteriori studi ma alla fine rimasero degli individui alquanto superficiali e di scarsa cultura, comunque quanto bastava per svolgere la loro missione. Il fatto è che erano stati costretti dalle loro madri a fingere la vocazione per fare il prete, ragion per cui, con una motivazione così scarsa e coatta, alla fine lasciarono i voti cambiando mestiere, però restando nel ramo. In questo modo non salvarono l’anima forse ma la ragione si, dato che molti di quelli costretti dopo un po impazzivano. A fare il falso prete bisogna averci una certa vocazione e predisposizione. Per questo motivo i due erano costretti ad andare a messa tutti i giorni anche se si comunicavano raramente nonostante che, per i loro servizi, avessero ottenuto una speciale forma di indulgenza plenaria; tuttavia spesso si ubriacavano bestemmiando clamorosamente. In realtà a differenza dei loro superiori che invece in Dio ci credevano per davvero, non credevano assolutamente a nulla tranne che nel loro tornaconto personale. Per questo motivo gente così stupida e temeraria da professare l’ateismo proprio in Italia gli pareva una cosa assurda, uno sputare masochista contro il proprio benessere e vantaggio diretto. Inoltre siccome non si erano mai sposati andavano a puttane regolarmente. Nonostante tutto questo il vaticano si fidava molto di loro perché una volta avevano ammazzato, facendola sparire come al solito, una fedele che era rimasta incinta del prete, essendo però la medesima a conoscenza di molti altri misfatti. In un certo senso erano legati a filo doppio dai loro stessi crimini. Questa volta però si trattava di una situazione del tutta diversa: era come se gli avessero chiesto di penetrare nella mente di Leopardi o di riuscire a leggere calde calde le sue sudate carte appena sfornate. Quindi dovevano comunicare subito ai superiori la evoluzione blasfema del suo pensiero e dopo attendere provvedimenti. Ma non era così facile perché quando restava a casa da solo nella villa di Recanati, questa era piena di gente di servizio, e quando stava a Napoli per via dei sorbetti, il suo grande amico Ranieri lo seguiva come un’ombra. Il quale Ranieri era anche lui un omaccione grande e grosso, dotato di coraggio a tutta prova, era un patriota, insomma uno all’occorrenza pronto a tutto. Naturalmente ateo anche lui. La prima mossa che fecero fu quella di scegliere Napoli e approfittando delle conoscenze, farsi assumere come inservienti nei luoghi frequentati dai due amici, ossia Lorenzo al caffè e Tommaso alla locanda dove alloggiava.
Naturalmente per la riuscita della impresa avrebbero dovuto entrare in colloquio e conoscenza col poeta; ma era difficile per la presenza di Ranieri che non era certo un ingenuo. Insomma dovevano fare finta, dovevano atteggiarsi ad essere diabolicamente anche loro senza dio e blasfemi, cosa che in effetti non era poi tanto difficile.
Al caffè che frequentavano ogni anno d’estate, i due amici erano molto appassionati di sorbetti, in particolare con il limone, con le fragole, infine con la panna e la cioccolata. Naturalmente piacevano anche a Ranieri ma questi lo faceva soprattutto per partecipare a una specie di rito, che era una delle poche soddisfazioni materiali e spirituali del poeta. I due se ne stavano sempre seduti allo stesso tavolino tessendo le lodi di quei magnifici gelati. Senza accorgersi che ultimamente Lorenzo stava sempre alle spalle dietro di loro tutto orecchie, e che Tommaso quando Leopardi non era in camera, andava a frugare e a leggere le sue carte. A volte addirittura copiando e trascrivendo delle citazioni. Lorenzo ex seminarista e cameriere malfidato, cercava di attaccare bottone facendo delle battute opportune in una certa direzione: le disgrazie apparentemente gratuite del mondo. In questo modo cercava di eviscerare la profondità del pensiero dei due anticlericali. I due amici andavano quattro volte alla settimana per la solita degustazione, il tutto nel corso di un solo mese perché dopo, finite le vacanze, Giacomo se ne tornava a casa. La prima settimana non accadde nulla. Alla seconda invece ci fu per così dire un piccolo incidente. Lorenzo dopo aver portato il dolce al cioccolato fece finta di piangere. I due, senza dio ma non di umanità, quasi all’unisono gli chiesero cosa fosse successo.
Lorenzo disse che era morto appena nato il figlio di sua sorella, sicché oltre al grande dolore della perdita, erano terrorizzati per la sorte dell’anima del povero bambino che non era stato ancor battezzato. Il prete gli aveva rassicurati che sarebbe andato comunque al Limbo che poi non era un posto tanto brutto. Che ne pensavano loro che erano persone tanto istruite e a modo? Purtroppo Leopardi, che in certe situazioni non ragionava molto e non era affatto diplomatico, intavolò una bizzarra discussione dicendo:
IL vero problema consisteva nel fatto che la chiesa, già nei secoli passati, aveva prima approvato e poi disapprovato la istituzione del limbo, sicché non solo non c’era una vera sicurezza dove fosse finito quel povero bambino, ma c’era addirittura il rischio che venisse improvvisamente trasferito, un po di qua un po di la, ma dove? Subito Ranieri gli diede una pedatina sotto il tavolo perché l’aveva sparata grossa. Lorenzo prima rimase stupito ma poi diede una risposta pronta: Quello che decide il Signore e la Chiesa è sempre giusto e noi dobbiamo solo obbedire. Al che Giacomo restando col cucchiaino colmo e sgocciolante gelato, sospeso per aria quasi con un gesto retorico e supremamente interrogativo, dopo un attimo di atea esitazione, lo trangugiò più goloso che mai ponendo fine alla questione. Alla terza settimana la situazione precipitò. Infatti nel frattempo purtroppo a Napoli era scoppiato il colera; ma siccome si era appena all’inizio dell’epidemia, gli intrepidi golosi decisero di continuare a frequentare il luogo delle loro delizie incuranti del pericolo.
A quel punto di fronte al pericolo della morte e a causa dei sognacci notturni, aggravati dal caldo insopportabile, Leopardi incominciò un po a delirare e straparlare del solito argomento: la non esistenza o latitanza del famoso essere assoluto, insomma la sua presunta inesistenza o peggio addirittura la sua conclamata colpevolezza nell’aver permesso tutti i mali del mondo.. Così Lorenzo e Tommaso incominciarono finalmente ad aver un po di soddisfazione, ebbero di che scrivere mostrando ai superiori che non erano andati a Napoli, rischiando la pelle, per nulla.
La prima discussione avvenne di fronte a una bella coppa di gelato al limone. Il poeta incominciò così:- Sai caro amico Ranieri in realtà sono rimasto colpito da quello che mi ha detto quello strano cameriere: non riesco a sopportare i dolori e la morte che capitano ai bambini.
-Come è già successo a quella adolescente che conoscevi , la Silvia.

– Si ma lei era già appunto una adolescente, un bambino ha a modo suo una purezza assoluta e quindi è completamente innocente. Paradossalmente potremmo anche capire che un adulto venga colpito, venga punito, ma un bambino? E’ troppo sconvolgente, soprattutto è assurdo ragionando nei termini di una provvidenza salvifica, di un dio onnipotente e buonissimo che però lascia morire perfino i bambini…

– Si ma questo immenso dolore è frutto di un antropocentrismo esasperato. Guarda quello che succede in natura: certo anche gli animali soffrono molto se perdono i cuccioli, anche loro possono avere un istinto materno molto sviluppato…ma in definitiva non ne fanno una terribile tragedia come noi. Anzi sinceramente a volte i figli se li mangiano addirittura…

– Veramente anche da noi muoiono molti bambini ma il popolo ragiona così, morto uno ne facciamo un altro. Evidentemente questi hanno mantenuto una dimensione più istintiva e animalesca per così dire. A questo punto intervenne Lorenzo che stava sempre in agguato: Ma come! secondo voi quelli che fanno molti figli sono degli animali? Ma che vergogna signori miei! (detto da lui che era l’ultimo di dieci figli e l’avevano mandato prete per avere una bocca in meno da sfamare)
Leopardi riprese il discorso: -Tuttavia io devo aggiungere anche questo, cioè quanto detto sul senso materno degli animali è molto relativo. Io ho visto con i miei occhi la mia gattina mangiarsi i cuccioli neanche fosse stata la pastasciutta col ragù. A questo punto Ranieri pensò tra se e se che mai avrebbe fatto sapere ai posteri che il poeta dalle corde così profonde e sensibili, faceva queste sparate con questo gergo iconoclasta alquanto volgare e aggressivo (tipico però delle persone molto molto arrabbiate con la vita). Del resto tutti i più grandi personaggi possono mostrare nella intimità quotidiana risvolti che nessuno si aspetterebbe. Giacomo continuò il discorso rincarando la dose.
Ammettiamo che Dio esista e che incredibilmente faccia degli errori, se gli volgiamo chiamare così.
Essendo infinitamente potente e soprattutto infinitamente buono e generoso decide finalmente di intervenire e di correggersi; magari addirittura autopunendosi…E così addirittura si fa crocifiggere.
Peccato che in realtà tutto il misfatto continua come prima e più di prima; e allora questo immenso sacrificio a che è servito a fare?
Forse è servito solo sadicamente per continuare a dare la libertà agli uomini proprio per poterli mettere alla prova e all’occorrenza, mandarli all’inferno sempre a motivo della sua infinita pazienza e bontà. E’ come far saltare un ostacolo troppo alto a un somaro, questo si ammazza e poi dai tutta la colpa a lui. Ecco una libertà asinina di cui faremo volentieri a meno. Se poi si rifugiano come al solito nel mistero ecco perché una persona matura e veramente razionale non dovrebbe affidarsi alla religione. A questo punto Lorenzo incominciò a mordersi le mani fino a quasi farle sanguinare. Il filosofo poeta continuò il suo discorso in modo sempre più spietato.

– Vedi caro Ranieri, disse, devo ribadire una cosa; non voglio attaccare la religione per il popolo, il quale vivendo sotto tortura, cioè a causa della sua disperata miseria ma soprattutto della ignoranza, ha un bisogno disperato di questo farmaco tossico. Ma per gli intellettuali si, perché questi non possono esimersi dalla ricerca e dal confronto con la verità. A questo punto Lorenzo stava per fare una follia, aveva nel taschino una piccola pistola e voleva scaricarla in quella boccaccia per farlo stare zitto una volta per sempre. Per fortuna non lo fece perché probabilmente avrebbe fatto di Leopardi uno dei primi martiri del risorgimento.
Una volta arrivato nella locanda il nostro poeta scrisse in un taccuino che cercava, di tenere inutilmente segreto sotto il materasso, questo aforisma: Nessuno se non un incosciente, darebbe la libertà a degli esseri che non sono in grado di capirla e soprattutto di gestirla. Nessuno, se non un sadico o un criminale a sua volta, darebbe la presunta libertà a dei minorati per poterli poi condannare a un presunto castigo eterno. E poi siamo sicuri che esiste questa libertà? E’ un dono così grande e impegnativo che servirebbe a mandare pochi in paradiso e i più all’inferno? Questa invenzione della libertà, come quella del peccato originale, serve per inventare l’inferno che a sua volta non inventa ma costruisce sul serio il terrore del castigo per tenere la gente terrorizzata in schiavitù. Quando Tommaso scovò il libricino sotto al materasso, leggendo queste parole sante, anzi sacrileghe, sentì come un mancamento improvviso, ma si riprese in fretta. Alla sera si ritrovò con il suo compare in una chiesa dove invece di pensare alla vera salvezza delle loro anime, pensarono come organizzare l’assassinio del gobbo maledetto in un modo che non desse nell’occhio. Pensarono a un finto suicidio, tanto più che ci aveva ben due gobbe, tanto più che era un tipo molto melanconico ecc ecc. Impiccarlo nella stanza non avrebbe dovuto essere difficile: volevano però aspettare che veramente la sparasse ancora più grossa, qualcosa di tanto breve quanto detestabile e fulminante, comprensibile anche al popolo. Ecco quello era il vero pericolo, quella era la vera ossessione della chiesa: che l’ateismo in qualche modo arrivasse al popolo. Nel frattempo il colera si diffondeva sempre di più e la faccenda sanitaria incominciava a farsi seria. Però al momento lo sapevano solo loro sempre tramite le famose raccomandazioni. Sicché i due avidi sorbettari continuavano a frequentare il caffe anche se notavano che c’era sempre meno gente. Nel frattempo fin dall’inizio Lorenzo, che non poteva stare senza donna, si era fatta un’amante: senza rendersi conto che questa ne aveva anche altri, insomma era a rischio epidemia. E fu così che di li a poco se la prese anche lui; ma questa fu una grande fortuna per Leopardi in quanto se Lorenzo stava a letto malato, Tommaso da solo non poteva certo eseguire la condanna per impiccagione, da solo era praticamente impossibile.
Dopo il sorbetto al limone e quello al cioccolato venne il tempo di quello più gustoso di tutti, quello alla fragola. Chissà se la vis polemica del filosofo poeta si sarebbe addolcita o al contrario sarebbe esplosa più forte che mai. Qualcuno avrebbe potuto pensare che di fronte al gelato Leopardi sarebbe tornato bambino; ma era un bambino che faceva ruzzolare il mondo. Nel frattempo qualche piccolo dubbio sullo strano cameriere se lo erano anche fatto; ma Ranieri che era troppo razionale e illuminista, disse: In tutti i casi non può essere sempre qua, non può sentire tutto quello che diciamo…ma non era vero. Infatti il filibustiere clericale aveva ingegnosamente attaccato un tubo di gomma alla condotta della grondaia che guarda caso, finiva proprio ai piedi del tavolino dove i due era soliti filosofare sorbettando o sorbettare filosofando che dir si voglia. Non sentiva tutto ma quasi. In quella occasione, gustando il gelato alla fragola il nostro, al massimo della sfrontatezza lo chiamò addirittura e lo apostrofò così. – Senti Lorenzo tu per caso hai figli? Lorenzo mentendo disse di si.
Ebbene sei tuoi figli venissero fuori dei briganti ti sentiresti in colpa oppure no, insomma ti sentiresti almeno in parte responsabile della loro educazione?- Certo che si: tale il padre tale il figlio ( e detto da lui!) E se tu fossi straordinariamente acculturato e intelligente, se lo stesso uscissero dei poco di buono tu ti sentiresti lo stesso in colpa? Anzi di più.- E se tu fossi addirittura onnipotente sempre con lo stesso pessimo risultato, non pensi che a questo punto la tua colpa sarebbe massima?

– Forse si; ma ho già capito dove vuole arrivare come al solito. Se Dio è padre è anche supremamente educatore, almeno dovrebbe esserlo, e quindi la umanità non dovrebbe essere una banda di violenti e di assassini.. come me (stava per dirlo ma all’ultimo momento si mangiò le prole) Dunque anche Dio è colpevole in quanto massimo e pessimo pedagogo nello stesso tempo. Però caro signore non è affatto dio che educa il popolo ma la chiesa a diretto contatto con la gente per suo ordine e ispirazione. Quindi alla sua brutta faccia come vede è innocente. – Proprio qua ti volevo, era qua che ti volevo portare: la chiesa dunque è la vera colpevole, intelligenza e cultura certo non le mancano ma forse sono proprio i principi, i metodi gli esempi che portano al tracollo finale e a questo bel risultato. Per cui se lei è la vera colpevole abbattiamola una volta per tutte… Ma non è finita qua, come ha fatto dio a fidarsi improvvidamente di questa gente? Siamo a punto a capo con tutti e due. Il povero Lorenzo che già si sentiva male per l’inizio del colera, ormai furioso e completamente via di testa, fece per vendicarsi, una cosa a dir poco schifosa ; sputò senza farsi vedere sulla coppa gelato di Leopardi ma non gli riuscì su quella di Ranieri. Alla sera si sentì male ma alla mattina volle essere presente a tutti costi per servire l’ultimo gelato alla panna.
Quella fatidica e strana mattina c’era una atmosfera stranissima, quasi da resa dei conti senza però che nessuno se ne rendesse conto. Lorenzo capì che qualcosa girava storto e così andò nella sua strana postazione di ascolto subdolo e segreto.
Divorarono il gelato ma si vedeva che anche Leopardi stava già male. Quando ebbero finito disse:
Ti ricordi Ranieri quel famoso sogno che ti ho raccontato dove i preti erano terrorizzati che io elaborassi un aforisma brevissimo ma micidiale per dimostrare la non esistenza di Dio? Ebbene in sogno mi è arrivato; ma purtroppo quando mi sono svegliato mi ricordavo solo un pezzo, la parte finale non me la ricordavo più…- Ah si disse ridendo Ranieri , cercando di mascherare la preoccupazione per la salute del compagno, presto presto dimmelo che sono curioso e poi come vedi stavolta quel ficcanaso rompiscatole non c’è. Di di pure.

Incomincia così: Dio meno ce n’è e…-E cosa ?…Niente da fare, la conclusione non mi viene…

Aspetta che riprovo. Dio meno ce n’è e…e bò, speriamo che prima o poi mi rivenga in mente ma ti assicuro che è veramente micidiale nella sua semplicità e brevità.
Allora Ranieri rispose: senti ti possono anche ammazzare ma non saranno quattro paroline per quanto geniali, che possono fa crollare il cristianesimo. Però se lo pensano per davvero sei spacciato. Perciò stacci attento, stavolta te lo dico io. In effetti il povero Leopardi era due volte spacciato: su di lui incombeva sia il colera che la vendetta della chiesa. A quel punto Ranieri lo accompagnò alla sua locanda che non era molto distante dal caffè. Lo mise a letto che era ancora solo febbricitante e gli disse non ti preoccupare, è solo il caldo non può essere il colera, in fondo noi non siamo mai stati in mezzo alla gente abbiamo solo frequentato quel ridicolo cameriere chierichietto. Non può essere stato certo lui che da solo ci ha appiccicato il colera. Però Ranieri non sapeva che Lorenzo, pur già ammalato, correndo a rotta di collo, lo aveva sopravanzato avvertendo il suo partner di santità, anche se in realtà ormai stavano organizzando un omicidio in piena regola. Intanto anche la coppia poetica e risorgimentale avanzava piano piano, lemme lemme come si dice a Napoli, tenendosi a braccetto, perché la vera amicizia se ne frega dell’epidemia. Tuttavia quella grande corsa fu fatale per Lorenzo, sopraffatto da un gran febbrone, tornò barcollando sui suoi passi maledicendo i preti e i sorbetti che lo avevano cacciato in quel guaio. Non riuscì a raggiungere il caffé dove in effetti soggiornava e avrebbe trovato aiuto. Svenne per strada, ma la gente terrorizzata dall’epidemia, lo lasciò agonizzare e morire come un cane sulla careggiata. Morì bestemmiando questo strano eroe della chiesa. Ranieri rimase fino a tardi al capezzale dell’amico mentre Tommaso non aspettava altro e non vedeva l’ora che se ne andasse.
Nel frattempo il poeta ormai delirando non faceva altro che ripetere il suo ritornello blasfemo:
Dio meno ce n’è e… e. ma niente il pezzo mancante non veniva fuori.
Tuttavia a un certo punto Ranieri si accorse, ormai era tardi ed era poveretto stremato anche lui, che la febbre di Leopardi era improvvisamente cessata, anzi adesso era addirittura freddo (non sapeva che a volte tale stato precede la morte) e decide di andare a dormire sicuro che il peggio fosse passato. Invece stava per arrivare. Subito Tommaso si precipitò li e puntandogli un coltello alla gola gli intimò di completare quel maledetto aforisma.
A quel punto il moribondo incredibilmente e finalmente lo disse tutto per intero:
DIO MENO CE N’E’ E PIU’ L’UOMO SE LO INVENTA.
Tommaso furioso stava veramente per sgozzarlo, quando sentì improvvisamente dei passi che lo costrinsero a rifugiarsi precipitosamente nella sua stanza: era Ranieri che pentitosi, stava tornando indietro, quasi in preda a una premonizione. Sperava di trovare l’amico migliorato come l’aveva apparentemente lasciato poco prima, ma invece era ormai in coma e praticamente gli chiuse gli occhi. Tuttavia all’ultimo istante di vita raccontò anche a lui il suo micidiale aforisma, così breve e tanto tormentato. Nello stesso istante Leopardi ebbe la sua ultima visione. Gli apparve Dio che però questa volta si levò la barba e la parrucca come fanno i grandi attori delle grandi sceneggiate. Lo prese teneramente per mano e gli disse non temere Giacomino, ti ho perdonato, pensa che ho perdonato anche me, nonostante tutto il gran casino che ho combinato…
Tuttavia Leopardi per l’ultima volta gli rispose spietatamente:- Un giorno morirai anche tu, sparirai.
Certo resteranno le tue imponenti vestigia ma come cose dimenticate, superate e sorpassate. Questo accadrà anche al mio corpo, ma i miei scritti finché resteranno saranno sempre eternamente attuali.
Così morì quella grande anima, una delle poche che cercò di sottrarsi al destino universale clericale che da sempre incombe sciaguratamente sulla povera Italia.

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