LA NECESSITA’
La necessità non è altro che il prevalere di una forza (o di un gruppo di forze) su altre. Tutto questo crea e cristallizza un sistema e una organizzazione, un qualche cosa di consolidato e ripetitivo che però dura soltanto finché dura la supremazia di quella forza. Se ne subentra un’altra (magari non subito) allora si crea un nuovo ordine che seguirà lo stesso destino temporale: la necessità dura fintanto che dura il tempo della forza. Se la scienza ( e tutta l’esperienza) non si basasse su questo crollerebbe immediatamente. Pertanto tutto questo appare esclusivamente frutto di illusione e di abitudine solo se diamo alla necessità un senso assoluto (che non esiste). Se invece le diamo un senso relativo, la necessità acquista un valore storico e temporale e anche la sua fluidificazione probabilistica non è altro che il libero gioco delle forze in un contesto variabile (dove subentra la incognita imprevista e imprevedibile). In caso contrario insieme alla necessità (assoluta) sparisce anche il criterio di casualità (causa effetto) il che ancora una volta, nonostante tutti i distinguo e i sofismi, finirebbe per negare il concetto stesso di realtà: come se noi vedessimo un ordine in una tempesta di sabbia solo per illusione e abitudine. Al contrario tutto quello che esiste si basa su causa effetto e necessità relativizzati. Noi infiliamo la chiave nella porta perché sappiamo già che si chiuderà (causa-effetto); se si romperà pazienza (magari è successa una volta su 10.000). Noi non smettiamo mai di respirare non per abitudine ma per una necessità relativa imposta dal nostro corpo. Distruggere un concetto che ha dalla sua 9.999 successi contro uno, è una grande stupidaggine sofistica e una forma di scetticismo esasperato e arrogante. Eppure in un certo senso (anche in base alla dottrina di Eraclito) esiste anche la necessità assoluta, se c’è quella relativa ci sarà anche il suo opposto, tutto sta a vedere in che termini. Infatti (alla faccia del grande Severino…) tutto finisce e la morte e la finitezza nichilista di tutto quello che esiste sembra attestare una necessità assoluta dentro a una visione e a una esperienza ontologiche (mentre l’essere e gli enti eterni di Severino obbediscono solo a un criterio logico).
VERITA’ E COERENZA
La verità almeno formalmente dovrebbe essere l’insieme di tutti gli elementi che la compongono; se ne manca uno o peggio molti, svapora e illanguidisce in una mera rappresentazione virtuale. E’ una specie di cartone animato che produciamo a nostro uso e consumo, utilizzando e travisando come nel sogno una certa parte di elementi della realtà.
Questo ci riporta al concetto di totalità dinamica, conseguentemente ai movimenti contrastanti, ai conflitti e alle contraddizioni che la caratterizzano; anche perché questa totalità riunisce le molte (infinite?) prospettive e quindi i livelli interpretativi che la riflettono illuminandola a seconda dei punti di vista. Per il momento ci fermiamo qua. Ora è evidente che gli uomini scelgono sempre solo una parte, una prospettiva, al massimo una complessità ma sempre molto incompleta e relativa. Ecco perché ancora una volta tutto è interpretazione e ideologia: cioè un verosimile rappresentativo e virtuale, molto limitato, piegato e piagato dai bisogni spontanei e dalle limitatezze critico cognitive se non da malvagità egoistica vera e propria. Fa parte di questa negatività e parzialità etica-cognitiva non solo la sua intrinseca limitatezza, ma anche i motivi per cui non si riconoscono etnocentricamente le altre o peggio si cerca di eliminarle. Ma che cosa decide nel corso della storia la apparente e presunta validità e la eticità di queste posizioni parziali ed contrastanti?: in realtà solo l’uso della forza. Infatti anche se a livello teorico e formale si facessero dei passi in avanti ( in virtù di avanzamenti critico logici o morali dovuti alla filosofia) la massiccia forza materiale “esterna” (politica, economica, militare) resta sempre predominante portando prima o poi alla guerra. Non è detto poi che la critica corrosiva della filosofia invece di portare a un reale cambiamento positivo, non procuri solo disfattismo e anonimia di tipo nichilista ( il vero motivo per cui fu ammazzato Socrate). Infine se emergono dei geni che veramente ( non credo comunque che sia mai successo, forse appunto perché è impossibile) realizzassero la sintesi di tutte le posizioni e le prospettive, di tutti i conflitti della totalità , questi filosofi a loro volta si troverebbero in una duplice situazione terribile:
a) soli, al di fuori e al di sopra del contesto sociale (marcio e irrecuperabile ); la posizione dei buddisti
B) peggio contro tutto e contro tutti come per esempio successe a Giordano Bruno, a Spinoza, a Niestzke ecc
Ma non finisce qui: questo improbabile e ipotetico super-eroe della verità conflittuale dinamica totale, in realtà sarebbe coerente solo da un punto di vista teorico formale. Poi all’atto pratico sceglierebbe pur sempre, per vivere, una particolare posizione ideologica. Così si torna a bomba.
FALSITA’ E INFELICITA’
In realtà la infelicità è sempre dovuta alla doppia insoddisfazione dei nostri bisogni materiali e di quelli per così dire spirituali. Questo può accadere a motivo della indisposizione del contesto naturale o sociale; ma può anche accadere perché noi stessi interpretiamo i nostri bisogni in malo modo, ossia li concepiamo, organizziamo e progettiamo in modo perdente. Questo centra molto anche con la falsità: questo fallimento accade sempre quando sostituiamo ciò che non esiste a ciò che esiste, ciò che è realizzabile e a ciò che non lo è. Questo è un modo di dire ancora una volta che la efficacia non obbedisce solo a fattori strumentali, ma prima di tutto alla verità.
LA FELICITA’
In realtà a questo mondo non esistono quasi mai fattori oggettivi che portano alla felicità; semmai il contrario. Questo in due sensi. Primariamente perché essendo tutto soggettivo la stessa cosa può portare a diverso titolo sia il male che il bene; secondariamente perché la realtà, tranne che per poche persone (ma ne sapranno godere?) è sempre molto difficile e irta di ostacoli e di rinunce. Ma allora come se ne esce, da cosa dipende la felicità trascendentale? Dipende esclusivamente dalla nostra volontà, dalla sua forza morale e psicologica di essere felice a tutti i costi, di rifiutare tutto ciò che comporta effetti esistenziali negativi. Questo è il punto: la realtà ci può anche attaccare ovviamente, ma noi dobbiamo respingere il dolore interno, farlo rimbalzare fuori come un muro di gomma (mentre spesso facciamo esattamente il contrario ampliandolo a dismisura) Se noi cadiamo e ci facciamo male il vero problema consiste nel bloccare il dolore in quel momento e passare avanti. Tutto questo può accadere solo se purifichiamo e rafforziamo la nostra mente contro tutte le forme di pensiero negativo, ma anche capovolgendo la prospettiva del mondo: la nostra vitalità totale e sopravvivenza sono i fattori più importanti e decisivi. Altrimenti tutti dopo un terremoto, un bombardamento , dove hanno perso ogni cosa, finirebbero per ammazzarsi, ma per fortuna ciò non accade. Naturalmente alla fine oltre ai risultati di questo processo depurativo e rafforzativo c’è di mezzo la forza e la storia della persona; purtroppo ci sono dolori così grandi che rendono tutto questo estremamente aleatorio. Eppure il buddismo ritiene di aver realizzato questa interpretazione estatica beatificante della vita, senza cedere a nessuna forma di ottimismo illusorio.